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foucault (C. Wolf in Annales).md

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Description du sidérostat de L. Foucault

di C. WOLF (da "Annales Scientifiques de l'École Normale Supérieure", 2a serie, tomo 1 (1872)):

Tavola 1 del testo:

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(versione ad alta risoluzione qui)

Altre immagini sono disponibili in "Recueil des travaux scientifiques de Léon Foucault" ("Raccolta di lavori scientifici"), di Leon Foucault (pubblicato postumo nel 1878), disponibile tradotto qui:

Tavola 14:

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(versione ad alta risoluzione qui)

Tavol 15:

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(versione ad alta risoluzione qui)


p. 56

[...]

Il siderostato fu costruito da M. Eichens, sotto la direzione della Commissione incaricata del completamento e della pubblicazione delle Opere di L. Foucault, grazie al finanziamento della cassa imperiale. Fu presentato all'Accademia delle Scienze il 13 dicembre 1869 da M. H. Sainte-Claire Deville, poi donato da Napoleone III all'Osservatorio. È qui che ho iniziato a installarlo, seguendo il progetto che avevo precedentemente discusso con L. Foucault. Interrotta da eventi politici, poi da circostanze al di fuori del mio controllo, questa installazione non è ancora completa. Il presente lavoro sarà quindi ancora puramente descrittivo e teorico. Per guidarci nella costruzione dello strumento, abbiamo approfittato di due piccoli modelli in legno, uno eseguito nel 1866 per l'Osservatorio, l'altro costruito per L. Foucault, raffigurante l'apparato che voleva collocare presso il suo osservatorio in rue d'Assas.

L'intero strumento, di cui la fig. I, Tav. I dà il prospetto laterale, poggia su un basamento in ghisa sostenuto da tre viti di livellamento U, con due livelli rettangolari e movimento di regolazione azimutale, il rullo su cui poggia una delle viti U essendo dotato di slitta mobile di mezzo di una vite con testa. (?)

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Vi si identificano tre parti:

  • lo specchio e il suo montaggio,
  • l'asse polare e il meccanismo che stabilisce il collegamento di questo asse con lo specchio,
  • e infine il regolatore.

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L'elemento essenziale del siderostato è lo specchio piano. Sappiamo come L. Foucault fu portato, dal suo lavoro sulla costruzione dello specchio


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parabolico in vetro argentato, a realizzare questa meraviglia ottica che Gambey e Arago dichiararono impossibile. Il signor Ad. Martin, allievo di Foucault e continuatore del suo lavoro ottico, costruì lo specchio del siderostato; spiegò, in una Nota presentata all'Accademia, il 29 novembre 1869, i metodi da lui impiegati per guidare il ritocco della superficie, e le prove a cui era sottoposto lo specchio. Aggiungo qui un solo fatto, di capitale importanza: esposto per un'ora ai raggi di un sole estivo, prima di argentarsi, lo specchio conservava la sua superficie otticamente piana. Questo esperimento del signor Ad. Martin risponde a un'obiezione spesso formulata contro gli specchi argentati, e mostra che i processi di fabbricazione di Saint-Gobain sono abbastanza perfetti da dare un disco di vetro di 30 centimetri di diametro e 5 centimetri di altezza di medio spessore perfetta omogeneità .

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Lo specchio (Fig. 2, Tav. 1) è sostenuto da un asse orizzontale xx fissato alla sommità di due montanti verticali N [erroneamente indicati con "M" nel testo originale, ma M è lo specchio], attaccati in basso ad una piattaforma P che può ruotare attorno ad un centro. Questo movimento è facilitato da una corona di ruote G nascoste sotto la piattaforma, e che conferiscono una perfetta mobilità, senza alterare la regolarità del piano descritto dalla pedana, essendo la sua superficie inferiore e la corrispondente faccia della base accuratamente levigata. A volte sarà necessario riparare lo specchio al contrario. I collegamenti della coda direttrice con l'asse polare non darebbero sufficiente stabilità; si ottiene fissando la pedana alla base mediante un morsetto non rappresentato nell'incisione. (? Forse un sistema di bloccaggio in caso di trasporto?)

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Lo specchio è tenuto nel suo barilotto (fig. 3, Tav. 1) da tre ramponi esterni t e da una molla a tre rami che lo preme contro di essi senza deformarlo. La condizione di perpendicolarità della coda di guida alla superficie riflettente è così assicurata da un'esatta lappatura della corona della canna.

La fig.I (tav. I) fa comprendere la disposizione dell'asse orario e la sua modalità di raccordo con la coda direttrice dello specchio.

L'asse XX in acciaio è prolungato al di sotto del cuscinetto inferiore da un pezzo di bronzo g che è tutt'uno con esso [nota: l'asse però è interno e concentrico al "tubo" XX' visibile in figura, e si muove indipendentemente da esso, mentre il tubo è solidale con la ruota dentata angolata] e che funge da supporto per il cerchio di declinazione dd. Questo cerchio non è intero, ma ridotto a poco più della metà, per non interferire con i movimenti dello specchio. Porta, lungo un diametro e sulla faccia opposta al pezzo di bronzo, due collari nei quali si innesta e ruota con leggero attrito, senza sciabordare in nessuna direzione, la coda della forcella f che guiderà l'asta di guida del specchio.

Moderna ricostruzione 3d della ruota declinazione coi due "collari":

ruota1

ruota2


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fig 1 in testo

L'estensione matematica dell'asse orario e quella dell'asse del cerchio di declinazione si incontrano proprio sull'asse della coda della forcella.

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È da questo punto che si devono contare le due lunghezze uguali OF e OM (fig. 1). Il punto M è già definito dall'intersezione dei due assi, uno orizzontale, l'altro verticale, attorno ai quali lo specchio può oscillare. Resta da definire il punto F che delimita la lunghezza della forcella. L'articolazione della forcella e dell'asta di guida [dello specchio] è realizzata mediante un manicotto cilindrico m, in cui l'asta passa liberamente senza gioco, e che ruota intorno ad un asse compreso tra i due rami della forcella.

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È l'intersezione di questo asse con l'asse della coda di guida dello specchio che determina il punto F.

Il costruttore ha dovuto quindi porre ogni cura per rendere rigorosamente uguali e costanti le due distanze appena definite. Vedremo presto che influenza avrebbe un errore sulla reale lunghezza della forcella, e quanto sarà facile riconoscerlo.

Le varie parti che stabiliscono il collegamento dell'asse delle ore allo specchio potranno assumere attorno a questo asse le più svariate posizioni; era essenziale, per la regolarità dei movimenti, che ogni parte fosse, per quanto possibile, perfettamente bilanciata rispetto agli assi che la sorreggono. L'equilibrio dello specchio provvisto della sua asta di guida non sarebbe stato possibile attorno al suo asse orizzontale, se questo asse fosse stato lasciato sullo stesso piano della superficie riflettente, come suppone la figura teorica (fig. I). Ma vediamo da questa stessa costruzione che la superficie dello specchio può essere spostata parallelamente a se stessa, senza che ne consegua alcun cambiamento nella direzione matematica dei raggi. L'obiettivo fisso del telescopio utilizza quindi porzioni dello specchio leggermente diverse nelle sue varie posizioni; donde seguirebbe la necessità di aumentare il diametro dello specchio se dovesse essere mosso di una quantità notevole. Ma l'asta di guida, essendo formata da un tubo cavo, è molto leggera rispetto allo specchio e alla canna, ed


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era sufficiente abbassare i perni un po' sotto la metà dello spessore della canna per ottenere l'equilibrio.

Il pezzo di bronzo che prolunga l'asse polare, molto poco eccentrico rispetto all'asse polare, è sufficientemente equilibrato attorno a questo asse dai pezzi che stanno dall'altra parte e di cui parleremo più avanti. Ma l'equilibrio del cerchio ridotto a settore circolare e quello della forcella erano estremamente difficili da ottenere, dato lo spazio ristretto in cui queste parti devono muoversi. Quindi ci siamo dovuti limitare a renderli il più leggeri possibile; e anche, a questo scopo, la forcella è stata realizzata in alluminio: ne sarebbero derivati alcuni inconvenienti, come diremo in seguito; ma bisognava pensare prima di assicurare la regolarità del movimento dell'asse polare.

Quando la forcella è guidata dall'asse orario, essendo fisso il cerchio di declinazione (vedremo presto [TBW] come si ottiene questa relativa immobilità), la sua estremità f descrive un piccolo cerchio perpendicolare all'asse orario e di raggio variabile pari a l*sin(P), dove l è la lunghezza della forcella e P l'angolo che forma con l'asse dell'orologio. È su questo cerchio che si appoggia costantemente nel suo movimento la coda direttrice dello specchio, che di conseguenza descrive un cono obliquo.

Cono

Ne consegue che il barilotto [m] deve poter non solo girare attorno a questa coda, ma anche scorrere lungo la sua lunghezza,

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compiendo così attorno al proprio asse un movimento elicoidale, talvolta molto lento, quando il piano della forcella e della coda coincide quasi con il piano verticale mediano di tutto l'apparato, talvolta molto rapido e ridotto quasi ad uno scorrimento longitudinale, quando questi due piani sono alla loro massima separazione. Nessun'altra articolazione se non un manicotto poteva soddisfare queste svariate condizioni: dovevamo quindi adottarla e darle anche una lunghezza tale da rendere impossibile ogni sbandata dell'asta di guida. Ma l'attrito è stato ridotto il più possibile riducendo le superfici di contatto a due anelli alle estremità del manicotto. L'osservatore, dal canto suo, deve aver cura di mantenere sempre ben lubrificata la superficie dell'asta, e di non toccarla mai con le dita: per guidare lo specchio a mano deve agire sull'estremità della forcella.

Il cerchio di declinazione è graduato in terzi di grado, e l'alidada e

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monta un nonio che dà i minuti. La posizione di questa alidada viene regolata tramite una vite di ritorno, che porta il cerchio esattamente a zero quando la forcella è in linea con l'asse polare. Le letture danno quindi immediatamente le distanze polari del raggio incidente, se lo strumento è ben regolato.

L'asse delle ore reca nella sua parte superiore (Tav. I, Fig. 1, e nel testo, fig. 4) un cerchio HH diviso in 24 ore che, mediante due noni, dà i due secondi di tempo. Questo cerchio è tutt'uno con l'asse. fig.4 originale fig.4 colorata

I noni si trovano su un cerchio alidada VV concentrico al primo, montato su un manicotto mobile attorno all'asse. A tale manicotto è fissato un braccio I tenuto in posizione da due viti attestate, i cui dadi sono solidali al supporto del dispositivo; possiamo quindi regolare i noni in modo da segnare 0h 0m 0s sul cerchio orario quando la riflessione è fatta nel piano del meridiano.

L'asse dell'orologio non ha movimenti di rettifica diversi da quelli che è possibili applicare all'intera base utilizzando le sue viti di livellamento. Il costruttore ne ha adattato l'inclinazione alla latitudine del luogo, prendendo come piano orizzontale il piano su cui ruota la piattaforma. Se l'osservazione mostra che questa inclinazione non è esatta, non ci sarà modo di correggerla se non agendo sulle viti U e, conseguentemente, sacrificando la verticalità dei montanti dello specchio, e cambiando la direzione del segmento OM o del raggio riflesso, e del telescopio che deve riceverlo. Ma il principio teorico [di funzionamento] dell'apparato non impone ai supporti dello specchio altra condizione che l'immobilità del punto di intersezione della coda dello specchio con l'asse di rotazione dello specchio passante per i suoi supporti; e questa immobilità è assicurata qualunque sia la posizione dei sostegni rispetto all'orizzonte. Il cannocchiale invece deve avere tutti i movimenti di raddrizzamento in azimut e inclinazione. Una leggera deviazione del piano della base fuori dal piano orizzontale non presenta quindi alcun inconveniente. Sarebbe stato inoltre impossibile imprimere ai sostegni dell'asse orario un particolare movimento di rotazione, poiché questo movimento, che non poteva essere effettuato intorno ad un asse orizzontale passante per il punto O, avrebbe alterato la distanza OM. D'altra parte ancora, non si è voluto rendere indipendenti il supporto dello specchio e quello dell'asse delle ore, e lasciare all'osservatore la cura di regolare la distanza OM sul pilastro che deve sostenere l'intero dispositivo. La


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difficoltà di questa regolazione richiede che venga eseguita una volta per tutte, e la sua manutenzione richiede inoltre che parti metalliche della stessa natura uniscano il punto O ai punti M e F . Vedremo [TBW] come rettificare la lunghezza della forcella, se l'osservazione mostra che non è uguale alla distanza OM. [intendedosi con "forcella" tutta la struttura collegata al cerchio di declinazione, cioè i due bracci e la coda che li unisce e che la fa ruotare]

Supponiamo ora lo strumento soggetto alle varie condizioni di cui abbiamo appena parlato, e cioè:

  • l'asse polare coincide con l'asse del mondo,
  • il cerchio orario segna zero quando il riflesso giace sul piano del meridiano,
  • il cerchio di declinazione è a zero quando la forcella è allineata con l'asse polare,
  • la lunghezza della forcella è pari alla distanza OM,
  • lo specchio è perpendicolare alla sua asta di orientamento,
  • ed infine l'asse del cannocchiale coincide col prolungamento della retta OM

Se tutte queste condizioni sono soddisfatte, è sufficiente, per indirizzare verso l'asse di un telescopio i raggi provenienti da una stella di cui sono dati la distanza polare e l'angolo orario attuale, impostare sull'indice del cerchio orario il valore corrispondente all'angolo orario, e sull'indice del cerchio di declinazione il valore corrispondente alla distanza polare, e bloccare i due cerchi. Se, inoltre, da questo istante, un motore comunica all'asse orario un movimento rotatorio uniforme, al ritmo di un giro in un giorno siderale, l'astro rimarrà immobile al centro del campo del telescopio.

Il regolatore R che comunica il movimento all'asse è posto dentro una gabbia con pareti trasparenti proprio alla base dello strumento. [Esso] è messo in movimento dall'azione di un peso che scende in un pozzo scavato attraverso il pilastro che sorregge il siderostato; e questo movimento è mantenuto uniforme da un regolatore isocrono di L. Foucault. La descrizione di questo regolatore, le cui varie forme e applicazioni costituiscono una parte importante del lavoro del nostro defunto collega, non può trovare posto qui. Ricorderò solo che questo regolatore, applicato dal Sig. Eichens a parecchie grandi [montature] equatoriali, dà un movimento di perfetta regolarità, e che, all'Esposizione Universale del 1867, valse al suo valente costruttore il Grand Prix des Arts Mécaniques.

Qui, come in un equatoriale, è necessario disporre di metodi di regolazione, per variare di piccole quantità o l'angolo


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orario o la distanza polare, senza fermare il movimento dell'orologio. La variazione dell'angolo orario si ottiene per mezzo di un ruotismo satellitare simile a quello che il signor Eichens ha da tempo adattato alle equatoriali. Descriverò ora in poche parole questo meccanismo, che ritroveremo [anche] più avanti nel paragrafo sulla distanza polare.

Sull'albero XX' (fig. 3), che riceve il movimento del ruotismo per trasmetterlo all'asse dell'orologio, sono montate tre ruote di cui due A e C, sono svincolate dall'albero, mentre la terza B è solidale con esso. fig.3 inline fig.3 inline

[La ruota] A riceve direttamente il movimento del regolatore R e lo trasmette a B tramite i due pignoni satelliti b e c, fissati allo stesso albero YY' che attraversa uno dei bracci della ruota A, ed è quindi trascinato nel movimento rotatorio di quest'ultima. In questo movimento il pignone c ruota intorno alla ruota C, che supponiamo ferma; il pignone b gira quindi allo stesso modo e comunica il movimento alla ruota B, che trascina l'albero. Il senso e la velocità di rotazione di questo albero dipendono dai rapporti stabiliti tra le circonferenze primitive e quindi tra i numeri di denti dei quattro mobili B, C, b e c. Indichiamo con B, C, b e c i raggi di queste quattro ruote dentate,


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con V la velocità di rotazione della ruota A, con v quella di B, avremo tra queste quantità il rapporto (BÉLANGER, Traité de Cinématique, P. 198 - V. mia traduzione)

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$$V(\frac B b - \frac C c) = v \frac B b$$

[ che possiamo anche riscrivere:

$$V_A(\frac B b - \frac C c) = v_B \frac B b$$

da cui:

$$v_B=V_A \frac bB (\frac B b - \frac C c)$$

]

Le due velocità hanno lo stesso verso se B/b è maggiore di C/c, questo è il caso che adotteremo. Inoltre, per stabilire tra la velocità del regolatore e quella dell'asse dell'orologio l'opportuna relazione, è necessario che sia:

$$v = \frac 9 {10} V$$

$$v_B = \frac 9 {10} V_A$$

pertanto:

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$(\frac B b - \frac C c) = \frac 9 {10} \frac B b$ cioè $\frac bB \frac Cc = \frac 1 {10}$

relazione che è soddisfatta prendendo B = 5b e C = 1/2 c .

[dimostrazione:

image

]

[Risulterà:

  • v = 0.9 V
  • $v_B = 0.9 V_a$

Cioè l'asse XX' di uscita avrà una velocità pari a 0.9 volte quella della ruota A [(che riceve il movimento direttamente dal regolatore)]. Tramite la ruota n, a sua volta pilotata dall'esterno tramite l'asse q (fig.1 della tavola I degli "Annales"), sarà possibile aggiungere/sottrrarre all'asse la velocità desiderata, rendendo così possibile regolare l'angolo orario.

immagine

]

Abbiamo ipotizzato che la ruota C sia ferma, ma se durante il movimento di A essa viene fatta girare tramite una ruota d'angolo D fissata sullo stesso manicotto, il ruotismo satellite [(i pignoni b e c)] riceverà un aumento o una diminuzione della velocità che, senza influenzare in alcun modo la velocità di A, sarà trasmesso alla ruota B e all'albero XX'.

Questa ruota angolare ha quindi una duplice funzione:

  • 1 Mantenere ferma la ruota C durante il movimento uniforme di A e dell'albero;
  • 2 Comunicargli la velocità additiva o sottrattiva che riceve dall'esterno. [= regolare l' angolo orario]

È sempre possibile soddisfare la prima condizione, grazie all'attrito esercitato sulla parte esterna del manicotto e sulle parti che si collegano alla ruota angolare; la ruota D potrà essere girata, quando necessario, con l'ausilio di una ruota ad angolo e di una lunga leva, il cui manico è alla portata dell'osservatore.

L'albero XX' [inferiore] di fig. 3 (indicato a sinistra nella figura qui sopra), tramite ruote angolari e un'asta verticale, trasmette il moto del regolatore al ruotismo superiore, grazie a una vite senza fine che ingrana con la ruota K di fig. 4, col cui asse sono solidali anche altre due ruote dentate, una a da 20 denti e l'altra a1 da 18; il pignone da 18 denti ingrana con una grande ruota A1 da 200 denti, che ruota liberamente sull'asse ma che può essere resa solidale col cerchio orario HH' quando si blocca la pinza P; da questo momento in poi, l'asse XX' polare [quindi quello superiore] obbedisce sia al movimento che gli viene trasmesso dal regolatore, sia a quello, aggiuntivo o sottrattivo, che gli viene impresso dalla mano dell'osservatore tramite il sistema di ingranaggi satellite.


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Il secondo problema che il costruttore del siderostato doveva risolvere era più difficile del primo: si trattava di produrre, con l'ausilio di una leva immobile, un movimento del cerchio di declinazione, posto all'estremità di un asse mobile, senza alterare il movimento di questo asse. Foucault aveva solo indicato il problema, e aveva accennato alla soluzione con l'ausilio di un ingranaggio satellitare, ma senza dare o lasciare nelle sue carte alcuna descrizione del sistema che pretendeva di applicare.

Ecco l'elegante costruzione con l'aiuto della quale il signor M. Eichens ha raggiunto lo scopo proposto.

L'asse polare XX' (fig. 1, Tavola 1) è avvolto, per la parte della sua lunghezza che nella figura appare nuda, da un manicotto in bronzo che attraversa il collare inferiore del supporto, e lì, mediante due ruote angolari r, r, comanda un pignone la cui dentatura ingrana con quella XX' (fig. 1, Tavola 1)


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che è stata tagliata su tutta la circonferenza del cerchio di declinazione. Se il manicotto ruota con l'asse polare, queste ruote rimangono a riposo relativo e immobilizzano il cerchio rispetto all'asse. Se il manicotto prende un anticipo o un ritardo sul movimento dell'asse, le ruote spostano di una quantità proporzionale la dentatura del cerchio, e di conseguenza la direzione della forcella. Occorre quindi stabilire tra il manicotto e l'asse polare una solidarietà tale che il movimento orario li spinga entrambi con la stessa velocità, ma che si possa comunque ruotare questo manicotto isolatamente senza alterare il movimento dell'asse.

Basterà un ingranaggio satellitare identico a quello descritto in precedenza per ottenere questo duplice effetto.

L'intero meccanismo è rappresentato in sezione verticale [fig. 4]. fig.4 oiginale fig.4 colorata In questa figura, come nella precedente, le linee tratteggiate indicano, attraverso la loro direzione, l'interconnessione o l'indipendenza delle parti in contatto: due parti vicine, dove le linee tratteggiate hanno la stessa direzione, sono collegate tra loro; sono indipendenti se le linee tratteggiate hanno direzioni opposte.

Il pignone a, che è fissato sull'albero stesso del pignone a1, segue il movimento in senso orario, ingranando con una ruota A di 200 denti, simile quindi alla ruota A1 e, come essa, libera sull'asse polare XX'. Ma il pignone a ha 20 denti, mentre a1 ne ha solo 18: si nota quindi che la ruota A assume una velocità superiore di un decimo rispetto ad A1 o all'asse polare.

[

$$V_A = \frac{20}{200}Vc=\frac{10}{100}Vc$$

$$V_{xx'}=V_{A1} = \frac{18}{200}Vc=\frac{9}{100}Vc$$

$$\frac{V_{A}}{V_{A1}}=\frac{\frac{10}{100}Vc}{\frac{9}{100}Vc}=\frac{10}{9}=\frac{1}{\frac{9}{10}}=\frac{1}{0.9}$$

$$V_{A}=\frac{V_{A1}}{0.9}=\frac{V_{xx'}}{0.9}$$

]

Questa velocità, trasferita al manicotto tramite una trasmissione ad ingranaggi satelliti, in cui le ruote e i pignoni hanno i rapporti stabiliti in precedenza (B = 5b, C = 1/2 c, p.63), sarà ridotta di un decimo [($V_B = 0.9 V_A$)] e di conseguenza il manicotto [B] girerà nello stesso senso e alla stessa velocità dell'asse [ ( $V_B = 0.9*V_A = 0.9 * \frac{V_{A}}{0.9} = 0.9 * \frac{V_{xx'}}{0.9}$ ) ]. Le stesse lettere indicano, nella fig. 4, le diverse ruote il cui ruolo è stato spiegato in precedenza.

[

Cioè, in assenza di input aggiuntivi esterni tramite la ruota E che incide su D e quindi su C, la ruota r, che è solidale con la ruota B, ha la tessa velocità (v) dell'asse XX' (VA1), quindi è come se fossero solidali, quindi tutto il blocco di ingranaggi della declinazione ruota intorno a XX' alla stessa velocità dell'asse orario.

]

La ruota D, che deve immobilizzare C, ingrana con la ruota E, montata su un albero parallelo a quello dei pignoni a e a1, e quest'albero può essere messo in movimento mediante una leva lunga, ruote ad angolo e una barra verticale che si vedono nella fig. 1.

È questo movimento della leva, che, tramite la trasmissione ad ingranaggi satelliti, si trasferisce fino al manicotto, e fa variare la direzione della forcella e dello specchio senza alterare il movimento orario.

Questo movimento di ritorno è abbastanza rapido perché possa essere utilizzato


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per il posizionamento dell'strumento in declinazione. A tale scopo, la barra della leva è dotata di una manopola di legno che si trova alla portata dell'osservatore che legge la scala del cerchio di declinazione. Se si desidera operare molto rapidamente, è necessario disinnestare la ruota ad angolo laterale r, cosa che si fa allentando il pulsante che la tiene in posizione sul suo quadrato.

L'installazione preparata per il siderostato nel giardino dell'Osservatorio è stata costruita secondo i piani che avevo discusso con L. Foucault e curata dall'Amministrazione dei Beni Civili. Il pilastro, destinato ad accogliere l'apparecchio, è un monolite di forma triangolare come la base in ghisa; è intagliato nella sua parte nord da un canale verticale che forma l'apertura del pozzo in cui scende il peso motore. Due muri paralleli di lastre, posti di fronte da sud a nord di ciascun lato di questo pilastro senza toccarlo, sostengono rotaie in ferro su cui scorre una piccola casetta di legno, rivestita di cartone bituminato, che forma il rifugio dell'strumento. Prima dell'osservazione, la casetta viene spostata verso nord, in modo da lasciare completamente scoperto il siderostato. Colline di erba coprono la parte esterna di questi muri.

Il telescopio sarà sostenuto da due pilastri e fissato con l'ausilio di morsetti a vite e cerniere che permettono i movimenti di correzione. La distanza tra l'obiettivo e lo specchio è di 3 metri. Questo telescopio sarà protetto da un semplice tetto composto da due tavole. L'estremità oculare del telescopio penetrerà attraverso una persiana di legno nel gabinetto di osservazione, una piccola struttura di 3 metri per lato e solo 2 metri di altezza, al fine di coprire il meno possibile la parte sud del cielo. L'oculare o i dispositivi che terminano il telescopio all'interno della persiana devono essere collegati a essa tramite una borsa di stoffa spessa, al fine di intercettare qualsiasi comunicazione tra l'aria interna e l'atmosfera.

Ora dobbiamo posizionare il siderostato sul suo pilastro, il telescopio sui suoi supporti e regolare i due strumenti l'uno sull'altro, quindi rispetto al meridiano e all'asse del mondo. Utilizzando un teodolite posizionato sul pilastro del siderostato, in modo che il centro di rotazione del telescopio occupi la posizione del centro


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dello specchio, si determina, tramite il metodo delle altezze assolute, l'azimut di un collimatore posizionato all'interno della capanna di osservazione. Poi, puntando con il telescopio del teodolite nel telescopio del siderostato, si rettifica la sua posizione finché il suo asse è nel meridiano e la sua inclinazione è uguale a quella che dovrebbe risultare dalla costruzione dello strumento.

Fatto ciò, si rimuove il teodolite e si posiziona il siderostato. Utilizzando i piedini regolabili della base e i due livelli rettangolari, si regola l'orizontalità del piano su cui scorre la piattaforma che sostiene lo specchio. L'asse dello specchio deve quindi essere orizzontale, l'asse polare deve trovarsi in un piano verticale e avere un'inclinazione sull'orizzonte uguale alla latitudine del luogo. Utilizzando un livello a forchetta posizionato sui perni dello specchio, è opportuno assicurarsi che l'asse di questi perni rimanga orizzontale durante la rotazione della piattaforma e verificare così la regolazione dei livelli della base.

[Posizioni notevoli e calibrazione]

Tra tutte le posizioni che lo specchio può assumere intorno al suo centro di figura, ce ne sono alcune molto notevoli alle quali faremo spesso ricorso e che devono essere definite prima di tutto.

Rifacendoci al teorema enunciato a pagina 52, vediamo che quando la forcella ruota attorno all'asse polare facendo con esso un angolo costante, la stanghetta guida traccia sul piano perpendicolare alla direzione del raggio riflesso dei cerchi che si riducono a un punto in due casi:

il primo, l'unico realizzabile, è quello in cui la forcella coincide con il prolungamento dell'asse polare, lo specchio riflette quindi il raggio incidente che segue quest'asse; il secondo caso sarebbe quello in cui la forcella si ripiegherebbe sull'asse fino a coincidere con esso.

In queste due posizioni, l'asse polare può ruotare su se stesso senza impartire alcun movimento allo specchio. La prima è quindi facile da trovare meccanicamente, poiché sarà sufficiente, per riconoscere di averla raggiunta, puntare, per riflesso, con un telescopio fisso un punto fisso distante e constatare che la sua immagine rimane immobile mentre l'asse polare compie un giro completo. [in questo modo ci si può assicurare che la forcella è montata correttamente rispetto all'asse polare]

Se invece la forcella descrive una serie di piani meridiani [cioè se viene fatta ruotare su sè stessa quando l'asse orario è fermo in varie posizioni], la coda dello specchio traccia sul piano perpendicolare al raggio riflesso unaa corrispondente serie di cerchi, proiezioni stereografiche dei primi [quelli descritti dalla focella], che si intersecano tutti nei due punti definiti nel para-


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grafo precedente [?]. A un solo dei piani meridiani tracciati dalla forcella corrisponde un piano descritto dalla stanghetta guida: è quello la cui traccia sul piano di proiezione è la linea che unisce i due poli della proiezione e che corrisponde al caso in cui il piano descritto dalla forcella passa per il punto di osservazione o per il centro dello specchio, cioè è il piano mediano del siderostato. A piani orari inclinati in entrambe le direzioni rispetto a questo, corrispondono spostamenti massimi del supporto dello specchio uguali e di segno contrario. Questo piano meridiano è quindi ancora facile da definire meccanicamente: è quello per il quale la rotazione del cerchio di declinazione non provoca alcuno spostamento del supporto dello specchio.

Si determinerà tale piano mediante questa condizione, tracciando un punto di riferimento sulla piattaforma dei montanti dello specchio e puntando tale punto con un microscopio fisso: l'asse orario essendo bloccato dalla pinza, si farà ruotare il cerchio di declinazione utilizzando la leva di richiamo, e si dovrà constatare l'immobilità del punto. Rotazioni uguali dell'asse orario in entrambe le direzioni rispetto alla posizione così determinata dovranno produrre spostamenti uguali e di segno contrario del supporto, per lo stesso arco percorso dalla forcella. [in questo modo ci si assicura che il centro di rotazione del cerchio di declinazione, il centro di rotazione dello specchio e il punto di contatto forcella/coda giacciano tutti sullo stesso piano].

Prima di procedere oltre, è necessario fermarci un attimo e studiare più in dettaglio le due posizioni singolari che sono state definite. Ho detto che, per determinare la posizione dello zero del cerchio di declinazione, si dovrà puntare con un telescopio un punto distante riflettendolo sullo specchio e portare la forcella in una posizione tale che una rotazione completa dell'asse orario non produca alcuno spostamento dell'immagine. È possibile utilizzare, a tale scopo, lo stesso telescopio del siderostato e prendere come mirino un collimatore il cui asse sia rigorosamente parallelo all'asse polare. Si tratta di un telescopio, dotato di un reticolo di fili nel suo fuoco, che poggia su due supporti a forma di V fissati alle estremità di una barra metallica. Questa barra, della stessa lunghezza dell'asse polare, è montata su due piedi terminanti con delle forcelle che si appoggiano su supporti cilindrici uguali fissati alle estremità dell'asse polare. Un braccio metallico che può essere fissato contro il


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supporto del cuscinetto inferiore dell'asse polare tiene l'apparecchio in posizione, lasciandogli la sua mobilità. Attraverso una regolazione identica a quella di un teodolite di un livello topografico, si portano i supporti del collimatore all'uguaglianza. Fatto ciò, si posiziona l'apparecchio sull'asse polare, avendo cura che lo specchio sia nella posizione in cui la rotazione dell'asse polare non gli imprima più uno spostamento visibile all'occhio. Quindi si muove il telescopio nel piano verticale e si sposta la base del siderostato in azimut fino a ottenere la coincidenza del reticolo di fili del telescopio con l'immagine del reticolo del collimatore. La forcella occupa la posizione cercata, cioè sul prolungamento dell'asse polare, quando una rotazione completa dell'asse polare non disturba la sovrapposizione dei due reticoli di fili.

Ma questa regolazione ci fornisce contemporaneamente altri due elementi importanti. Se l'asse del collimatore è esattamente parallelo all'asse polare, la coincidenza dei reticoli di fili ci permette di riconoscere:

  • 1° che l'asse del telescopio si trova nel piano verticale passante per l'asse polare;
  • 2° che l'asse del telescopio ha l'inclinazione desiderata per ricevere un raggio riflesso proveniente da un raggio parallelo alla forcella.

Proviamo ora a eliminare la condizione del parallelismo del collimatore all'asse polare ribaltando l'apparecchio. Dopo la prima operazione, si inverte completamente il supporto sull'asse polare e il collimatore sul suo supporto, e si punta nuovamente i due reticoli di fili l'uno sull'altro. La media delle due posizioni del telescopio è quella che deve avere per puntare il polo dell'strumento. Quindi, rispetto all'orizzonte, ha l'inclinazione determinata dalla costruzione dell'apparecchio di guida dello specchio. Allo stesso tempo, poiché il telescopio è stato posizionato quasi esattamente nel meridiano durante l'operazione preliminare, si può notare che il siderostato stesso è portato in tale posizione; e tutto l'apparecchio è regolato con una precisione sufficiente per considerare questa regolazione come adeguata per l'uso ordinario del siderostato.

Potremmo fermarci qui, se non fosse necessario studiare l'influenza dei difetti di costruzione dell'apparecchio.

[Influenza dei difetti di costruzione dell'apparecchio]

[Forcella non allineata con l'asse polare, ossia centro di rotazione della forcella non giacente sull'asse polare]

L'esperimento appena compiuto potrebbe rivelarci uno di questi difetti: potrebbe accadere che in nessuna posizione della forcella una rotazione completa dell'asse polare lasci lo specchio completamente immobile. Ciò accade se l'asse della forcella non incontra


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l'asse polare, ma è posto eccentricamente in modo da essere semplicemente parallelo ad esso senza coincidere con esso.

In tal caso, durante il movimento dell'asse, l'estremità della forcella descrive un cerchio su cui ruota la coda direttiva [dello specchio]. Lo specchio non può essere portato, mediante alcuno spostamento del cerchio di declinazione, a dare l'immagine del polo al centro del campo del telescopio: il polo non esiste come punto. È sostituito da un piccolo cerchio sulla proiezione stereografica che guida la coda direttiva dello specchio, e tutti i cerchi di distanza polare sono ingranditi allo stesso modo. Da ciò si deduce che lo strumento, pur essendo ben regolato, quando è puntato verso una stella, l'azione del movimento orario non manterrà questa stella immobile al centro del campo, ma la farà percorrere una curva chiusa intorno alla sua posizione di immobilità teorica. Solo il costruttore può rimediare a questo difetto di costruzione.

La determinazione dello zero del cerchio orario, mediante il procedimento indicato, richiede anche il soddisfacimento di una condizione importante nella costruzione dello strumento, ovvero che il piano verticale passante per l'asse polare contenga anche il centro dello specchio. Se così non fosse nella proiezione stereografica tracciata dalla coda dello specchio sul piano perpendicolare al raggio riflesso, nessun piano meridiano avrebbe come traccia una linea verticale, e l'unica linea obliqua corrisponderebbe non più al piano mediano del siderostato, ma al piano orario che passa per il punto di osservazione. Di conseguenza, non esisterebbe una posizione del piano orario tale che la stanghetta guida possa percorrerlo senza che ne derivi uno spostamento orizzontale del supporto dello specchio. Il carattere meccanico al quale abbiamo riconosciuto il piano meridiano del siderostato è quindi di grande importanza: non solo ci fornisce lo zero del cerchio orario, ma, con la sua assenza, ci mostra un difetto di costruzione dell'apparecchio che renderebbe impossibile la regolazione nelle condizioni in cui intendiamo farlo. Infatti, un siderostato che presenta questa deviazione del centro dello specchio riflette il raggio non nel piano meridiano, ma nel piano verticale che passa per il centro dello specchio e il punto di giuntura della forcella con l'asse polare. Pertanto, se dopo aver riconosciuto il difetto non si desidera correggerlo (cosa che sarebbe possibile tramite uno spostamento laterale del supporto dell'asse orario), è necessario posizionare il telescopio di osservazione non più nel piano


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meridiano, ma nel piano appena definito. A tal fine, si regolerebbe innanzitutto il siderostato stesso nel meridiano, utilizzando il teodolite e il collimatore parallelo all'asse polare; quindi si regolerebbe il telescopio sul siderostato, facendolo assumere la posizione in cui punta al reticolo di fili del collimatore per riflesso sullo specchio portato nella posizione in cui una rotazione completa dell'asse polare non gli imprime alcuno spostamento. Questo procedimento si applica a un'apparecchiatura che riflette in un qualsiasi piano verticale al di fuori del meridiano. In tutto ciò che seguirà, supporremo che il siderostato rifletta i raggi nel piano meridiano. [nota: in realtà questo disallineamento del centro dello specchio rispetto al piano meridiano può essere sfruttato in modo utile: fintanto che il centro dello specchio resta comunque distante dal centro del cerchui di declinazione quanto lo è il centro della forcella, l'eliostato funzionerà perfettamente, solo che direzionerà il riflesso secondo un azimuth diverso, ma comunque fisso, come fa l'altro tipo di eliostato di Foucalt]

Tutta l'apparecchiatura, il telescopio e il siderostato, essendo posizionata in modo molto approssimativo nel piano del meridiano, può essere considerata come uno strumento meridiano, in grado di fornire le ascensioni rette e le distanze polari una volta che il cerchio orario è fissato allo zero determinato come appena descritto e il supporto dello specchio [possibile errore? forse è il cerchio orario a essere fissato con la pinza] è immobilizzato mediante la pinza. Osservazioni di passaggi e determinazioni di distanze polari di stelle conosciute ci permetteranno di correggere la prima regolazione dello strumento.

Si osservano, su un pendolo il cui errore assoluto e il movimento orario sono determinati altrove, i tempi dei passaggi di una serie di stelle conosciute attraverso un filo verticale teso nel telescopio. Siano t, t'... le differenze tra l'ascensione retta di ciascuna di queste stelle e il tempo del passaggio corretto dall'errore del pendolo. Attraverso l'asse del telescopio, tracciamo un piano perpendicolare al meridiano: è questo piano che svolgerà per noi il ruolo dell'orizzonte. Essendo la latitudine del luogo PHI, quella che introdurremo nelle nostre formule sarà PHI - i, dove i è l'inclinazione del telescopio al di sotto dell'orizzonte.

Dobbiamo determinare le quantità che, nel nostro strumento, svolgono lo stesso ruolo dell'azimut, dell'inclinazione e dell'errore di collimazione di un telescopio meridiano. Notiamo innanzitutto che mentre il raggio incidente e la forcella percorrono la porzione visibile del meridiano, dall'orizzonte sud all'orizzonte nord, la coda dello specchio percorre solo un angolo retto, dall'orizzontale alla verticale.

Se l'asse del telescopio forma con il meridiano, sul lato ovest, un angolo GAMMA nel piano dell'orizzonte ipotetico, il raggio incidente che


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si rifletterà lungo questo asse formerà costantemente con il meridiano lo stesso angolo GAMMA sul lato est. Questa deviazione del telescopio svolge lo stesso ruolo dell'errore di collimazione nello strumento dei passaggi; in altre parole, il raggio incidente è quello che verrebbe ricevuto da un telescopio meridiano con un errore di collimazione di GAMMA.

[Asse orizzontale dello specchio non perpendicolare al meridiano]

Se l'asse dei perni dello specchio non è perpendicolare al meridiano, ma la sua parte occidentale devia verso sud di un angolo ALFA, la normale allo specchio durante la sua rotazione descriverà un piano verticale inclinato dello stesso angolo ALFA sul meridiano. Il raggio incidente corrispondente a un raggio costantemente riflesso lungo l'orizzontale nel meridiano descriverà quindi un cono, il cui asse sarà proprio la linea dei perni, e il cui angolo al vertice sarà 90° - ALFA. Questo raggio è quello che verrebbe ricevuto da un telescopio meridiano affetto contemporaneamente da un errore di collimazione ALFA e da un errore azimutale ALFA.

[Specchio non parallelo all'asse dei perni]

La superficie riflettente dello specchio potrebbe non essere parallela all'asse dei perni; sia BETA l'angolo che forma verso sud con la parte occidentale di quest'asse. La normale descriverà intorno a questo asse, durante la rotazione, un cono il cui angolo al vertice sarà 90° - BETA; e dalla posizione verticale alla posizione orizzontale dello specchio, il raggio incidente che produce un raggio orizzontale riflesso nel meridiano descrive un cono con lo stesso angolo intorno a un asse inclinato di un angolo BETA rispetto all'asse dei perni. Questo raggio è quindi quello che verrebbe ricevuto da un telescopio meridiano affetto da un errore di collimazione BETA e contemporaneamente da un errore azimutale BETA.

[Perno orizzontale dello specchio non orizzontale]

Infine, se l'asse dei perni è inclinato di un angolo EPSILON rispetto all'orizzontale, con l'estremità occidentale più elevata, la normale allo specchio descrive, durante la rotazione, un piano che interseca il piano meridiano con un orizzontale ed è inclinato verso est di un angolo EPSILON. Il raggio incidente corrispondente al raggio riflesso orizzontalmente da nord a sud nel meridiano descrive quindi, dall'orizzonte sud all'orizzonte nord, lo stesso piano mentre la normale passa dalla posizione orizzontale alla posizione verticale. Il raggio incidente è quindi quello che verrebbe ricevuto da un telescopio meridiano con un'inclinazione dell'asse dei perni di EPSILON.

In sintesi, il raggio incidente che produce il raggio riflesso da nord a sud lungo l'asse del telescopio, è quello che verrebbe ricevuto da un telescopio meridiano con un errore azimutale di ALFA + BETA, un errore di collimazione


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ALFA + BETA + GAMMA, e l'inclinazione e tutti questi angoli vengono contati positivamente come ho definito, cioè in modo da far entrare nel telescopio una stella che non ha ancora raggiunto il meridiano. Di conseguenza, la formula di riduzione dello strumento dei passaggi si applica al siderostato e, utilizzando quella di Tobias Mayer, si ha:

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Inoltre, possiamo osservare solo passaggi superiori.

La determinazione delle costanti non presenta alcuna difficoltà. Otterremo EPSILON tramite un livellamento eseguito nelle normali condizioni, dopo aver misurato preventivamente l'ineguaglianza dei perni liberando la coda directtice dalla forcella e ribaltando lo specchio.

Se determiniamo il passaggio di una stella al zenit ipotetico del nostro strumento, otterremo, poiché DELTA = PHI - i,

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Una stella all'orizzonte sud, per la quale DELTA = -90° + (PHI-i), fornirebbe

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L'osservazione dei passaggi di due gruppi di stelle, alcune vicine allo zenit e altre vicine all'orizzonte, consentirà quindi di ottenere valori sufficientemente precisi di ALFA + BETA e di GAMMA. Inoltre, qui non è possibile separare le due costanti ALFA e BETA, che infatti svolgono lo stesso ruolo rispetto allo strumento. Tuttavia, sarà possibile determinare in anticipo l'angolo BETA tramite osservazioni effettuate sullo specchio separato dalla sua connessione con la forcella. Infatti, portando lo specchio successivamente nelle due posizioni verticali ai lati dell'asse, queste due posizioni della superficie riflettente comprenderanno l'angolo 2 * BETA, che dovrà essere misurato. Tale misurazione verrà effettuata utilizzando un teodolite, utilizzando gli stessi metodi utilizzati per misurare l'angolo di rifrazione di un prisma. Si potrebbe pensare che sia sempre possibile per il costruttore annullare l'angolo BETA: infatti la superficie dello specchio coincide rigorosamente con il piano che passa per i bordi del


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barilotto, e si potrebbe levigare questi fino a quando una livella posta sui perni e sui bordi del bariletto dà la stessa inclinazione. Tuttavia, è necessario notare che una levigatura è stata effettuata per garantire la perpendicolarità molto più importante del collare rispetto alla superficie dello specchio; l'errore di posizione della superficie rispetto ai perni è quindi di quelli che bisogna accettare senza poterlo correggere: è sufficiente che non sia troppo considerevole.

Le determinazioni precedenti non hanno in realtà lo scopo di trasformare il siderostato in uno strumento di passaggi, pretesa che contrasta con il concetto con cui è stato costruito: devono solo fornirci i valori approssimati delle deviazioni del cannocchiale e dello specchio, al fine di consentirci di ridurle a errori sufficientemente piccoli in modo che, nell'uso ordinario dell'apparecchio, l'allineamento dei cerchi di angolo orario e delle distanze polari ci permetta di individuare immediatamente l'astro cercato e affinché le osservazioni micrometriche di due astri vicini forniscono le loro posizioni relative con un'approssimazione pari a quella richiesta per le osservazioni equatoriali. Un minuto d'arco in distanza polare, dieci o quindici secondi di tempo in ascensione retta, sono i limiti entro cui devono oscillare gli errori ampiamente accettabili. L'apparecchio, considerato come strumento meridiano, potrà, grazie alle osservazioni precedenti, presentare errori molto più piccoli per le ascensioni rette. Se inoltre fosse necessario ottenere le coordinate di un astro in modo più accurato, si determinerebbero le correzioni assolute dello strumento nella sua posizione attuale attraverso l'osservazione di una stella luminosa abbastanza vicina all'astro, come avviene con l'equatoriale.

[Regolazione dell'asse polare e calibrazione distanze OM e OF]

Una volta effettuata questa prima regolazione, il piano mediano del siderostato coincide approssimativamente con il meridiano; il cannocchiale stesso è in questo piano, e la normale allo specchio si discosta solo leggermente durante la sua rotazione attorno ai perni. Rimane da regolare l'inclinazione dell'asse polare e infine verificare se la condizione fondamentale della costruzione del siderostato, ossia l'uguaglianza delle lunghezze OM e OF, sia esattamente soddisfatta. Procederemo a queste determinazioni tramite osservazioni ancora effettuate nel piano del meridiano.

[Regolazione dell'asse polare (angolo OП)]

Sia O (fig. 5) il centro del cerchio delle distanze polari, HH la traccia


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dell'orizzonte sul piano del meridiano, OP l'asse del mondo, l'asse polare dello strumento, OL la direzione del cannocchiale, già regolato con precisione. Se ipotizziamo di avere una forcella OF' troppo corta di una quantità FF' che chiameremo ALFA, la coda dello specchio [per passare per la forcella] dovrà assumere la direzione F'L, che è quella che assumerebbe se la forcella avesse la lumghezza giusta ma passasse per OF. Il raggio incidente che corrisponde al raggio riflesso prolungamento di OL, quindi, sarà dato da S'O, che è appunto il prolungamento della [forcella giusta] OF, mentre la lettura effettuata sul cerchio di declinazione corrisponderà alla direzione [sbagliata] OS, che è il prolungamento della [forcella sbagliata] OF'.

Passaggi

In queste condizioni, chiamiamo:

  • P la distanza polare [(declinazione)], corretta per la rifrazione, dell'astro osservato nel cannocchiale [(quantità che vogliamo determinare)]
  • П la lettura corrispondente sul cerchio delle distanze polari, ovvero l'angolo SOП, con lo zero di questo cerchio regolato come abbiamo detto
  • LAMBDA l'angolo POП
  • i l'angolo HOL
  • OMEGA l'angolo SOS'
  • PHI la latitudine del luogo o l'angolo POH'

tutti questi angoli sono misurati nel senso delle distanze polari; la quantità P cercata asarà quindi data da:

P = П + LAMBDA + OMEGA


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L'angolo OMEGA può essere esspresso in forma sufficientemente approssimata come

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finché l'angolo FOL non diventa molto piccolo.

[Nota: moltiplicare per 206265 serve a convertire da radianti ad arcosecondi (fonte)] [Nota 2: FOL non sembra in realtà valere PIGRECO + LAMBDA + PHI - i, che sembrerebbe esere invece il valore di F'OL], visto che PIGRECO è l'angolo con S, che però è il prolungamento di F', non di F]

Pertanto, se osserviamo nel meridiano una serie di stelle note, la correzione da apportare alle letture effettuate sul cerchio delle distanze polari per ottenere la loro distanza dal polo sarà composta da una parte costante e da una parte variabile con П.

[Calibrazione distanze OM e OF]

Il criterio con cui si potrà verificare l'uguaglianza tra la lunghezza della forcella e la distanza OL [essendo L il centro dello specchio M ruotato verso il basso intorno a O] sarà quindi la capacità di riportare le distanze polari, lette sullo strumento, al loro valore corretto mediante l'uso di [un fattore costante di] correzione, che costituirà la correzione di collimazione del cerchio delle distanze polari al polo. Se ciò non avviene, [cioè] se al contrario la correzione richiesta dalle osservazioni aumenta dal sud all'orizzonte fino al polo, limite delle osservazioni possibili, si potrà dedurre che la forcella è più corta della distanza degli assi OL; sarà più lunga se la correzione, presa con il suo segno, diminuisce e addirittura cambia segno.

È quindi necessario avere un modo per riportare all'uguaglianza le due lunghezze OF e OL. Lo specchio e l'asse polare essendo fissati sulla stessa base di ghisa, sarà la lunghezza della forcella ad essere la quantità variabile.

[Forcella regolabile]

A tale scopo, la coda cilindrica che ruota nei colletti fissati al cerchio delle distanze polari è mantenuta da due anelli che si premono in direzioni opposte contro questi colletti e che possono essere spostati di una piccola quantità facendoli ruotare su una vite. Un contro-dado li mantiene poi in posizione. Peri tentativi si potrà portare la forcella alla lunghezza desiderata. forcella regolabile

Si faciliteranno questi tentativi con osservazioni effettuate vicino all'orizzonte sud; infatti, la correzione OMEGA si riduce sensibilmente a zero, e la differenza P-П fornisce un valore approssimativo di LAMBDA. Successivamente, dalle altre osservazioni effettuate il più vicino possibile al polo, si potranno dedurre valori per la correzione OMEGA, che consentiranno di calcolare il rapporto α/l con una precisione sufficiente per guidare le correzioni da apportare alla forcella.


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Una volta ottenuta l'uguaglianza, è necessario che essa si mantenga nonostante le variazioni di temperatura: la forcella deve quindi essere costruita con lo stesso metallo della base stessa. L'impossibilità di bilanciare la forcella nelle condizioni di costruzione imposte dal modello realizzato sotto gli occhi di L. Foucault ci ha portato a realizzare la forcella in alluminio. È utile calcolare quale errore può derivarne per una data variazione di temperatura sulla distanza polare di una stella.

Supponendo ora che il cannocchiale sia orientato orizzontalmente [(cioè i = 0)] , l'errore OMEGA sarà approssimativamente, per ogni grado di variazione di temperatura a partire dal punto in cui avviene l'uguaglianza,

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Qui la differenza k'-k dei coefficienti di dilatazione è di 0,0000111. Di conseguenza, avremo

  • Al polo....... OMEGA = 5"
  • Allo zenit.... OMEGA = 2".3

Quindi, al limite estremo delle osservazioni possibili, sarebbe necessaria una variazione di 12 gradi per produrre un errore di 1 minuto sulla posizione della stella. Allo zenit, la variazione di temperatura dovrebbe essere di circa 26 gradi. Da quel punto in poi, l'errore diminuisce molto rapidamente fino all'orizzonte, dove è nullo. In realtà, l'introduzione della forcella in alluminio non produrrà, nell'uso dell'apparecchio, errori superiori a quelli che ci si può aspettare dall'imperfezione della regolazione. Inoltre, essendo nota la legge delle variazioni della distanza polare, sarà facile, se necessario, costruire una tabella di correzione per le diverse temperature.

Abbiamo notato che se tracciamo un piano TT' attraverso il centro di rotazione della forcella, perpendicolare alla direzione del raggio riflesso, la coda direttrice dello specchio, nel suo movimento, traccia su questo piano la proiezione stereografica del percorso sulla sfera descritta dall'estremità della forcella, con il punto di vista al centro dello specchio. Se la lunghezza [OF] della forcella non è uguale alla distanza tra il suo centro di rotazione [O] e il centro dello specchio [L], questa proprietà persiste ancora, con la differenza che il punto di vista si trova all'interno o all'esterno della sfera descritta dall'estremità della forcella, a seconda


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che essa sia troppo lunga o troppo corta. Da qui deriva l'errore generale risultante da questa disuguaglianza. Sia l-alfa la lunghezza della forcella: tracciamo sul piano preso come tavola la proiezione prospettica dell'estremità della forcella, prendendo il punto di vista a una distanza l. Le coordinate del punto del cielo che si trova sull'estensione della forcella sono le letture effettuate sui due cerchi, ossia П e h (supponendo che lo strumento sia stato ben regolato). Si tratta di trovare le coordinate P e H del punto del cielo che si trova attualmente nel cannocchiale. Ovviamente, queste coordinate sono simmetriche rispetto al centro di rotazione della forcella rispetto all'estremità di una forcella ideale di lunghezza l, che darebbe la posizione attuale della coda direttrice dello specchio. La proiezione stereografica di quest'estremità sul piano è quindi la stessa della proiezione prospettica appena determinata. Il problema è quindi ridotto a quello in cui tutti gli elementi sono noti:

Date le coordinate 180°+П e 180°+h di un punto situato sulla sfera di raggio l-alfa, trovare le coordinate 180°+P e 180°+H del punto la cui proiezione stereografica coincide con la proiezione prospettica del primo sullo stesso piano e per lo stesso punto di vista situato a una distanza l dal centro di proiezione.

Tuttavia, non è necessario risolvere questo problema nella sua generalità per riconoscere la legge degli errori commessi sulla posizione di una stella. Notiamo che la costruzione che abbiamo realizzato (fig. 5) per il piano del meridiano è sempre valida per un piano qualsiasi che passa attraverso la direzione costante OL del raggio riflesso e attraverso la forcella OF'. In questo piano, indipendentemente dall'angolo che forma con il piano verticale, la stella osservata è sempre S', mentre le coordinate che vegono lette [sulla ruota di declinazione] sono quelle della stella S; entrambe le stelle si trovano quindi nello stesso piano che passa attraverso OL, e in questo piano la variazione della loro distanza angolare SOS' è rappresentata dall'espressione

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in modo sufficientemente approssimato fintanto che l'angolo FOL non diventi molto piccolo [o, in altre parole,] l'errore aumenta con la diminuzione dell'angolo tra la forcella e il raggio riflesso.


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Ora, nella proiezione prospettica tracciata dalla coda direttrice sul piano TT', perpendicolare al raggio riflesso, la retta Of è la proiezione della forcella, e questa proiezione ha anche il valore OL * cot 1/2 FOL: è quindi proporzionale all'errore commesso. Se la forcella o la sua estensione percorre un grande cerchio che passa per la direzione del raggio riflesso, l'errore aumenta da zero all'infinito. Se si forza la forcella a ruotare con un angolo costante rispetto a OL, l'errore rimane costante: le circonferenze tracciate sul piano del tavolo intorno al punto O come centro rappresentano quindi le curve di eguale errore. Il raggio di una circonferenza o la proiezione prospettica della forcella rappresenta l'errore che influisce sulle posizioni delle stelle nel piano passante per OL, le cui proiezioni stereografiche si trovano su questa circonferenza.

Quando l'angolo tra la forcella e la direzione OL diventa molto piccolo, l'espressione dell'errore diventa inaccurata. Ma la costruzione precedente è sempre valida e mostra cosa succede.

Supponiamo di avere una forcella troppo lunga: il raggio incidente si avvicinerà all'orizzonte nord ipotetico, o la forcella nella direzione opposta a OL, finchè a un certo punto il raggio visivo risulterà parallelo al piano del tavolo: le stelle che si trovano sul piccolo cerchio, base del cono che verrebbe descritto da questa posizione del raggio incidente ruotando attorno a OL, sono le ultime che possono essere viste nel cannocchiale. Continuando ad avvicinarsi a OL, la proiezione della forcella diventa immaginaria: solo l'estensione del raggio visivo incontra il tavolo. L'intero interno del cono sfugge all'azione riflettente dello specchio. Infatti, quest'ultimo si inclina in modo da girare verso il cannocchiale la faccia non riflettente e bascula molto rapidamente per raggiungere la posizione verticale che raggiunge quando la forcella coincide con OL.

La forcella troppo corta produce un effetto inverso sullo specchio: c'è ancora intorno al punto dell'orizzonte nord, situato sul prolungamento del cannocchiale, un piccolo cerchio le cui stelle sono le ultime che lo specchio può far vedere; tutto ciò che è al di fuori sfugge alla sua visuale; ma a partire dalla posizione in cui il raggio visivo è tangente alla sfera l-alfa, lo specchio torna sulle posizioni che ha già occupato, le percorre tutte con estrema rapidità e, quando la forcella coincide con OL, invia al cannocchiale i raggi che seguono LO.


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Non è inutile notare che queste posizioni singolari dello specchio sono puramente teoriche e che i piccoli cerchi di invisibilità appartengono a una regione del cielo impossibile da raggiungere.

Riprendiamo il sidorostato fissato nel meridiano e supponiamo di aver corretto la lunghezza della forcella come appena detto, o, equivalentemente, di aver determinato, mediante osservazioni fatte vicino al polo e vicino all'orizzonte, gli elementi di correzione.

Una serie di osservazioni di distanze polari fatte su stelle conosciute nel meridiano determinerà l'errore di collimazione del cerchio delle distanze polari, cioè l'errore LAMBDA dell'inclinazione dell'asse. Si agirà sulla vite della base per correggere questo errore, poiché abbiamo visto che è di poco interesse mantenere la verticalità del supporto dello specchio. Ma questo cambiamento di inclinazione comporta un cambiamento equivalente nell'inclinazione del cannocchiale: quindi è necessario correggerlo nuovamente. Fatto ciò, il siderostato dovrebbe essere completamente regolato e pronto per l'osservazione.


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Le sidérostat a été construit par M. Eichens, sous la direction de la Commission chargée de l'achèvement et de la publication des Oeuvres de L. Foucault, et aux frais de la cassette impériale. Il a été présenté a l'Académie des Sciences, le i3 décembre 1869, par M. H. Sainte-Claire Deville, puis donné par Napoléon III à l'Observatoire. C'est là que j'ai commencé son installation, suivant le projet que j'avais autrefois discuté avec L. Foucault. Interrompue par les événements politiques, puis par des circonstances étrangères à ma volonté, cette installation n'est pas encore terminée. Le présent travail sera donc encore purement descriptif et théorique. Nous avions, pour nous guider dans la construction de l'instrament, deux petits modèles en bois, l'un exécuté en 1866 pour l'Observatoire, l'autre construit pour L. Foucault, représentant l'appareil qu'il voulait placer à son observatoire de la rue d'Assas. Tout l'instrument, dont la fig. I, Pl. I, donne l'élévation latérale, repose sur un socle en fonte porté par trois vis calantes U, avec deux niveaux rectangulaires et mouvement de réglage en azimut, le galet sur lequel s'appuie l'une des vis U étant muni d'une coulisse mobile à l'aide d'une vis à téte. On y idt'stingue trois parties: le miroir et sa monture, l'axe polaire et le mécanisme qui établit la liaison de cet axe avec le miroir, et enfin le régulateur.

L'élément essentiel du sidérostat estle miroir plan. On sait comment L. Foucault a été conduit, par ses travaux sur la construction du miroir

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parabolique en verre argenté, à réaliser cette merveille optique que Gambey et Arago déclaraient impossible. M. Ad. Martin, élève de Foucault et continuateur de ses travaux optiques, a construit le miroir du sidérostat; il a exposé, dans une Note présentée à l'Académie, le 29 novembre 1869, les méthodes qu'il a employées pour guider les retouches delà surface, et les épreuves auxquelles a été soumis le miroir. J'ajouterai ici un seul fait, d'une importance capitale: exposé pendant une heure aux rayons d'un soleil d'été, avant l'argenture, le miroir a conservé sa surface optiquement plane. Cette expérience de M. Ad. Martin répond à une objection souvent formulée contre les miroirs argentés, et montre que les procédés de fabrication de Saint-Gobain sont assez parfaits pour donner à un disque de verre de 3o centimètres de diamètre et 5 centimètres d'épaisseur moyenne une homogénéité parfaite.

Le miroir (Fig. 2, Pl. 1) est porté par un axe horizontal xx au sommet de deux montants verticaux M, venus à la fonte avec une plate-forme P qui tourne autour d'un centre. Ce mouvement est facilité par une couronne de galets G cachés dans le pied du miroir, et qui donnent une mobilité parfaite, sans altérer la régularité du plan décrit par la plate-forme, la surface inférieure de celle-ci et là face correspondante du socle ayanfcété rodées avec soin. II sera parfois nécessaire de fixer au contraire le miroir. Les liaisons de la queue directrice avec l'axe polaire ne donneraient pas une stabilité suffisante; on l'obtient en fixant la plate-forme sur le socle à l'aide d'une pince qui n'est pas figurée dans la gravure. Le miroir est maintenu dans son barillet {fig. 3, Pi. 7) par trois taquets extérieurs t et par un ressort a trois branches qui le presse contre eux sans le déformer. La condition de perpendiculârité de la queue directrice à la surface réfléchissante se trouve ainsi assurée par un rodage exact de la couronne du barillet. La fig.I (Pl. I) fait comprendre la disposition de l'axe horaire et son mode de liaison avec la queue directrice du miroir. L'axe d'acier XX se prolonge au-dessous du coussinet inférieur par une pièce en bronze g qui fait corps avec lui et qui sert de support au cercle de déclinaison dd. Ce cercle n'est pas entier, mais réduit à un peu plus de sa moitié, afin de ne pasgêner les mouvements du miroir. Il porte,

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suivant un diamètre et sur la face opposée à la pièce de bronze, deux colliers dans lesquels s'engage et tourne à frottement doux, sans ballottement dans aucun sens, la queue de la fourchette f qui va guider la tige directrice du miroir. Le prolongement mathématique de l'axe horaire et celui de l'axe du cercle de déclinaison se rencontrent sur l'axe même de la queue de la fourchette. C'est à partir de ce point que doivent être comptées les deux longueurs égales OF et OM (fig. 1). Le point M est défini déjà par l'intersection des deux axes, l'un horizontal, l'autre vertical, autour desquels peut osciller le miroir. Il reste à définir le point F qui limite la longueur de la fourchette. L'articulation de la fourchette et de la tige directrice se fait à l'aide d'un manchon cylindrique m, dans lequel la tige passe librement sans balloter, et qui oscille autour d'un axe entre les deux dents de la fourchette.

C'est l'intersection de cet axe avec l'axe de la queue directrice du miroir qui détermine le point F. L'arliste a donc dû apporter tons ses soins à rendre rigoureusement égales et constantes les deux distances qui viennent d'être définies. Nous verrons bientôt quelle serait l'influence d'une erreur sur la longueur réelle de la fourchette, et comment il sera facile do la reconnaitre. Les diverses pièces qui établissent la liaison de l'axe horaire au miroir pourront prendre autour de cet axe des positions très-variées; il était essentiel, pour la régularité des mouvemente, que chaque pièce fût, autant que possible, équilibrée pur rapport aux axes qui la supportent. L'équilibre du miroir muni de sa tige directrice n'eût pas été possible autour de son axe horizontal, si l'on avait laissé cet axe dans le plan même de la surface réfléchissante, comme le suppose la figure théorique (fig. I). Mais on voit par cejte même construction que'la surface du miroir peut être déplacée parallèlement à elle-rnême, sang qu'il en resuite aucun changement dans la direction mathématique des rayons. Seulement l'objectif fixe da la lunette utilise alors des portions trèslégèrement différentes du miroir dans ses diverses positions ; d'où suivrait la nécessité d'augmenter te diamètre du miroir s'il devait être déplacé d'une quantité notable. Mais la tige directrice, étant formée d'un tube creux, est très-légère anprtrdu miroir et de son barillet, et

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il a suffi d'abaisser les tourillons un peu au-dessous de la demi-épaisseur du barillet pour obtenir l'équilibre. La pièce de bronze qui prolonge l'axe polaire, très-peu excentrique par rapport à l'axe polaire, est suffisamment équilibrée autour de cet axe par les pièces qui se trouvent de l'autre côté et dont nous parlerons tout à l'heure. Mais l'équilibre du cercle réduit à un secteur circulaire et celui de la fourchette étaient extrêmement difficiles à obtenir, vu l'espace restreint dans lequel doivent se mouvoir ces pièces. Nous avons donc dû nous borner à les rendre aussi légères que possible; et même, dans ce but, la fourchette a élé faite en aluminium: il devait en résulter quelques inconvénients, comme nous le dirons plus loin; mais il a fallu d'abord penser à assurer la régularité du mouvement de l'axe polaire. Lorque la fourchette est entraînée par l'axe horaire, le cercle de déclinaison étant fixe (nous verrons bientôt comment est obtenue cette immobilité relative), son extrémité f décrit un petit cercle perpendiculaire à l'axe horaire et de rayon variable égal à l*sinP, l étant la longueur de la fourchette et P l'angle qu'elle fait avec l'axe horaire. C'est sur ce cercle que s'appuie constamment dans son mouvement la queue directrice du miroir, qui décrit par conséquent un cône oblique. Il en résulte que le manchon doit non-seulement pouvoir tourner autour de cette queue, mais aussi glisser suivant sa longueur, exécuter donc autour de son axe un mouvement hélicoïdal, tantôt tres-lent, lorsque le plan de la fourchette et de la queue coïncide presque avec le plan vertical médian de tout l'appareil, tantôt très-rapide et se réduisant presque à un glissement longitudinal, lorsque ces deux plans sont au maximum d'écart. Aucune autre articulation qu'un manchon ne pouvait satisfaire à ces conditions variées: nous avons donc dû l'adopter et lui donner même assez de longueur pour que tout ballottement de la tige directrice fût impossible. Mais les frottements ont été diminués autant que possible en réduisant les surfaces en contact à deux anneaux aux extrémités du manchon. L'observateur, de son côté, doit avoir le soin d'entretenir toujours la surface de la tige bien lubrifiée, et de ne jamais la toucher avec les doigts: pour guider le miroir à la main il doit agir sur l'extrémité de la fourchette. Le cercle de déclinaison est gradué en tiers de degré, et l'alidade e

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porte un vernier qui donne la minute. La position de cette alidade est réglée à l'aide d'une vis de rappel, qui permet d'amener le cercle exactement au zéro lorsque la fourchette est dans le prolongement de l'axe polaire. Les lectures donnent donc immédiatement les distances polaires du rayon incident, si l'instrument est bien réglé. L'axe horaire, porte à sa partie supérieure (Pl. I, Fig. I, et dans le texte, fig. 4) un cercle HH divisé en 24 heures qui, au moyen de deux verniers, donne les deux secondes de temps. Ce cercle fait corps avec l'axe. Les verniers sont portés par un cercle alidade VV concentrique au premier, monté sur un manchon mobile autour de l'axe. A ce manchon est fixé un bras I que maintiennent deux vis butantes dont les écrous sont solidaires du support de l'appareil; on peul donc regler les verniers de manière à faire marquer 0h 0m 0s au cercle horaire lors�que la réflexion se fait dans le plan, du méridien. L'axe horaire ne possède pas de mouvements de rectification autres que ceux que peut recevoir le socle tout entier à l'aide de ses vis calantes. L'artiste a réglé son inclinaison pour la latitude du lieu, en prenant comme plan horizontal le plan sur lequel roule la plate-forme. Si l'observation montre que cette inclinaison n'est pas exacte, il n'y ara moyen de la corriger qu'en agissant sur les vis U et, par conséquent, en sacrifiant la verticalité des montants du miroir, et changeant la direction de la ligne OM ou du rayon réfléchi et de la lunette qui doit le recevoir. Mais le principe/théorique de l'appareil n'impose aux supports du miroir d'autre condition que rimmobilité du point d'intersection de laqueu e directrice avec l'axe des tourilloîig du miroir; et, cette immobilité est assurée quelle que soit la position dos supports par rapport à l'horizon. D'autre part, la lunette d'observation doit posséder tous les mouvements de rectification en azimut et en inclinaison. Une légère déviation du plan du socle en dehors du plan horizontal n'offre donc aucun inconvénient. Il eût d'ailleurs été impossible de donner aux supports de Vw horaire w mouvement de bascule particulier, puisque ce mouvement, ne pou vaut s'exécuter autour d'un axe horizontal passant par le point O, aurait altéré la distance OM. D'autre part encore, nous n'avons pôint voulu rendre indépendants le support du miroir et celui de l'axe horaire, et laisser à l'observateur le soin de régler la distance OM surl e pilier qnîdoit porter tout l'appareil.

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La difficulté de ce réglage exige qu'il soit fait une fois pour toutes, et son maintien exige en outre que des pièces métalliques de même nature réunissent le point O aux points M et F. Nous verrons comment peut être rectifiée la longueur de la fourchette, si l'observation démontre qu'elle n'est pas égale à la distance OM.

Supposons maintenant l'instrument assujetti aux diverses conditions dont nous venons de parler, savoir: l'axe polaire coïncidant avec l'axe du monde, le zéro du cercle horaire répondant à la réflexion dans le méridien, le cercle de déclinaison a zéro quand la fourchette est dans le prolongement de l'axe polaire, la longueur de la fourchette égale à la distance OM, le miroir perpendiculaire à la tige directrice, et enfin l'axe de la lunette coïncidant avec la direction OM prolongée. Si toutes ces conditions sont réalisées, il suffit, pour amener dans l'axe de cette lunette les rayons provenant d'un astre dont la distance polaire et l'angle horaire actuel sont donnés, d'amener sous l'index du cercle horaire la graduation correspondante à l'angle horaire, sous l'index du cercle de déclinaison la graduation correspondante à la distance polaire, et de fixer les deux cercles. Si, de plus, à partir de cet instant, un moteur communique à l'axe horaire un mouvement uniforme de rotation, à raison d'un tour en un jour sidéral, l'astre restera immobile au milieu du champ de la lunette. Le rouage R qui communique le mouvement à l'axe est placé sous une cage à parois de glace dans le pied même de l'instrument. Il reçoit le mouvement de l'action d'un poids qui descend dans un puits creusé à travers le pilier qui porte le sidérostat; et ce mouvement est rendu uniforme par un régulateur isochrone de L. Foucault. La description de ce régulateur, dont les formes et les applications diverses constituent une partie importante de l'oeuvre de notre regretté collègue, ne peut trouver place ici. Je rappellerai seulement que ce régulateur, appliqué par M. Eichens à plusieurs grands équatoriaux, donne un mouvement d'une régularité parfaite, et que, à l'Exposition universelle de 1867, il a mérité à son habile constructeur le grand prix des arts mécaniques. Ici, comme dans un équatorial, il est nécessaire de disposer de moyens de rappel, pour faire varier de petites quantités ou l'angle

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horaire ou la distance polaire, sans arrêter d'ailleurs la marche du mouvement d'horlogerie. La variation de l'angle horaire s'obtient à l'aide d'un rouage satellite semblable à celui que M. Eichens adapte depuis longtemps aux équatoriaux. Je décrirai en quelques mots ce rouage, que nous retrouverons tout à l'heure dans le rappel de la distance polaire. Sur l'arbre XX' {fig. 3), qui reçoit le mouvement du rouage pour le transmettre à l'axe horaire, sont montées trois roues, dont deuxs

image

A et C, sont folles sur l'arbre, tandis que la troisième B fait corps avec lui. A reçoit directement le mouvement du rouage, et le transmet à B par l'intermédiaire des deux pignons satellites b et c, fixés îi un même arbre YY' qui traverse l'un des bras de la roue A, et est par conséquent emporté dans le mouvement de rotation de celle-ci. Dans ce mouvement, le pignon c roule en se développant sur la roue C que nous supposons immobile; le pignon b tourne donc de même et communique le mouvement à la roue B, laquelle eatraîne l'arbre. Le sens et la vitesse de la rotation de cet arbre dépendent des rapporta établis entre les cercles primitifs et parconséqijawt entre les nombres de dents des quatre mobiles B, C, b et c.


Désignons par B, C, b, c ls rayos de ces quatre roues dentées,

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par V la vitesse de rotation de la roue A, par v celle de B, nous aurons entre ces quantités la relation (BÉLANGER, Traité de Cinématique. p. 198)

Les deux vitesses sont de même sens si B/b est plus grand que C/c c'est le cas que nous adopterons. De plus, pour établir entre la vitesse du régulateur et celle de l'axe horaire le rapport convenable, il est nécessaire que v soit les 9 dixièmes de V; donc:

relation à laquelle on satisfait en prenant B = 5b, C = 1/2 c.

Nous avons supposé la roue C immobile, mais si pendant le mouvement de A on vient à la faire tourner sur elle-même par l'intermédiaire d'une roue d'angle D fixée sur le même manchon, le rouage satellite en recevra une augmentation ou une diminution de vitesse qui, sans influencer en rien la vitesse de A, se transmettra à la roue B et à l'arbre XX'. Cette roue d'angle a donc une double fonction : 1° - maintenir immobile la roue C pendant le mouvement uniforme de A et de l'arbre; 2° - lui communiquer la vitesse additive ou soustractive quelle reçoit de l'extérieur.

Il est toujours possible de remplir la première condition, puisquon dispose des frottements exercés sur l'extérieur du manchon et sur les pièces qui se relient à la roue d'angle; onfait tourner D, quand il en est besoin, à l'aide d'une roue d'angle et d'une longue manette dont la poignée se trouve à portée de l'observateur.

L'arbre XX' (fig. 3), au moyen de roues d'angle et d'une tige verticale, communique son mouvement à une vis tangente qui engrène avec la roue K {fig. 4). Surl'arbre de cette dernière sont également fixés deux pignons, l'un a de 20 dents, l'autre a1, de 18. Le pignon de 18 engrène avec une grande roue A1 de 200 dents qui tourne librement sur l'axe mais qui fait corps avec lui lorsque la pince P la rend solidaire du cercle horaire H. Dès lors l'axe polaire XX' obéit au mouvement que lui communique le régulateur et à tous ceux, additifs ou soustractifs,

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que lui imprime la main de l'observateur par l'intermédiaire du rouage satellite.

Le second problème qu'avait à résoudre le constructeur du sidérostat était plus ardu que le premier : il sagissait de produire, à l'aide d'une manette immobile, un mouvement de rappel du cercle de déclinaison, à l'extrémité d'un axe mobile, sans altérer le mouvement de cet axe. L. Foucault avait seulement indiqué le problème, et en avait fait entrevoir la solution à l'aide d'un rouage satellit mais sans donner de vive voix ou laisser dans ses papiers aucune description da système qu'il prétendait appliquer. Voici l'élégante construction à l'aide de laquelle M. Eichens a atteint le but proposé.

L'axe polaire XX' {Pl. I, fig. 1) est enveloppé, sur la portion de sa longueur qui semble nue sur la figure, d'un manchon en bronze qui traverse le collet inférieur du support, et là, au moyen de deux rôuea d'angle rr, commande un pignon dont la denture engrene avec celle

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qu'on a taillée sur tout le pourtour du cercle de déclinaison. Si le manchon tourne avec l'axe polaire, ces roues restent en repos elatif et immobilisent le cercle par rapport à l'axe. Si le manchon prend une avance ou un retard sur le mouvement de l'axe, les roues déplacent d'une quantité proportionnelle la denture du cercle, et par conséquent la direction de la fourchette. Il faut donc établir entre le manchon et l'axe polaire une solidarité telle que le mouvement horaire les entraîne tous deux avec la même vitesse, mais que l'on puisse neanmoins faire tourner ce manchon isolément sans altérer le mouvement de l'axe. Un rouage satellite identique à celui que je viens de décrire va suffire à obtenir ce double effet.

....

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[...]

L installation préparée pour le sidérostat dans le jardin de l Obser vatoire a été construite d après les plans que j'avais discutés avec L. Foucault, et par les soins de l'Administration des bâtiments civils. Le pilier, destiné à recevoir l'appareil, est un monolithe de forme triangulaire comme le socle en fonte; il est entaillé dans sa partie nord d'une gouttière verticale qui forme l'orifice du puits dans lequel descend le poids moteur. Deux murs parallèles en dalles placées de champ courent du sud au nord de chaque côté de ce pilier sans le toucher; ils portent des rails en fer sur lesquels roule une petite maisonnette en bois, recouverte en carton bitumé, qui forme l'abri de l instrument. Avant l'observation, on fait rouler la maisonnette vers le nord, de manière à laisser le sidérostat complétement à découvert. Des talus en gazon recouvrent la partie extérieure de ces murs.

La lunette d'observation sera portée par deux piliers et fixée à l'aide de colliers à vis et à charnière qui permettent les mouvements de rectification. La distance de l objectif au miroir est de 3 mètres. Cette lunette sera protégée par un simple toit formé de deux planches. L'extrémité oculaire de la lunette pénétrera à travers un volet en bois dans le cabinet d observation, petit bâtiment de 3 mètres de côté et de 2 mètres seulement d élévation, afin de cacher le moins possible la partie sud du ciel. L'oculaire ou les appareils qui terminent la lunette à l'intérieur du volet doivent être reliés à ce volet par une bourse en étoffe épaisse, afin d'intercepter toute communication entre l'air intérieur et l atmosphère.

Nous avons maintenant à placer le sidérostat sur son pilier, la lunette ses supports, et à régler les deux instruments l'un sur l'autre, puis par rapport au méridien et à l axe du monde. Au moyen d'un théodolite placé sur le pilier du sidérostat, de telle que le centre de rotation de la lunette occupe la place du centre


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du miroir, on détermine, par la méthode des hauteurs absolues, l'azimut d un collimateur placé dans l'intérieur de la cabane d'observation. Puis visant avec la lunette du théodolite dans la lunette du sidérostat, on rectifie la position de celle-ci jusqu'à ce que son axe soit dans le méridien et son inclinaison égale à celle qui doit résulter de la con struction de l'instrument.

Cela fait, on enlève le théodolite, et l'on met le sidérostat en place. Au moyen des vis calantes du socle et des deux niveaux rectangulaires on règle l horizontalité du plan sur lequel roule la plateforme qui porte le miroir. L'axe du miroir doit alors être horizontal, l'axe polaire doit se trouver dans un plan vertical et avoir sur l'horizon une inclinaison égale à la latitude du lieu. Au moyen d'un niveau à fourchettes posé sur les tourillons du miroir, il sera bon de s'assurer que l'axe de ces tourillons reste horizontal pendant la rotation de la plateforme, et vérifier ainsi le réglage des niveaux du socle.

Parmi toutes les positions que peut prendre le miroir autour de son centre de figure, il en est quelques-unes très-remarquables auxquelles nous aurons souvent recours et qu il faut d abord définir. En nous reportant au théorème énoncé page 52. nous voyons que lorsque la fourchette tourne autour de l'axe polaire en faisant avec lui un angle constant, la tige directrice trace sur le plan perpendiculaire à la direction du rayon réfléchi des cercles qui se réduisent à un point dans deux cas: le premier, seul réalisable, est celui où la fourchette coin cide avec le prolongement de l'axe polaire, le miroir réfléchit alors le rayon incident venant suivant cet axe; le second serait le cas où la fourchette se replierait sur l axe jusqu à coïncider avec lui. Dans ces deux positions l'axe polaire peut tourner sur lui même sans imprimer au miroir aucun mouvement. La première est donc facile à trouver mécaniquement, puisqu il suffira, pour reconnaître qu'elle est atteinte, de viser par réflexion, avec une lunette fixe, un point fixe éloigné, et de constater que son image reste immobile pendant que l axe polaire fait un tour entier.

Si maintenant la fourchette décrit une série de plans méridiens, la queue du miroir trace sur le plan perpendiculaire au rayon réfléchi la série correspondante des cercles, projections stéréographiques des premiers, lesquels se coupent tous aux deux points définis par le para-


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graphe précédent. A un seul des plans méridiens tracés par la fourchette correspond un plan décrit par la tige directrice: c'est celui dont la trace sur le plan de projection est la droite qui joint les deux pôles de la projection, et qui répond au cas où le plan décrit par la fourchette passe par le point de vue ou par le centre du miroir, c'est à dire est le plan médian du sidérostat. A des plans horaires également inclinés de part et d autre sur celui-ci, correspondent des déplacements maxima du support du miroir égaux et de sens contraires. Ce plan méridien est donc encore facile à définir mécaniquement: c'est celui pour lequel la rotation du cercle de déclinaison n'entraîne aucun déplacement du sup port du miroir. On le déterminera par cette condition, en traçant un point de repère sur la plate-forme des montants du miroir et visant ce point avec un microscope fixe: l'axe horaire étant arrêté par la pince, on fera tourner le cercle de déclinaison à l aide de la manette de rappel, et l'on devra constater l'immobilité du point. Des rotations égales de l'axe horaire de part et d'autre de la position ainsi déterminée devront donner des déplacements égaux et de sens contraires du support, pour un même arc parcouru par la fourchette.

Les deux positions ainsi déterminées, fixent l'une le zéro du cercle des distances polaires l'autre le zéro du cercle horaire. On y amènera les verniers au moyen des vis de rappel.

Avant d'aller plus loin, il est nécessaire de nous arrêter un moment et d'étudier plus en détail les deux positions singulières qui viennent d'être définies. J'ai dit que, pour déterminer la position du zéro du cercle de déclinaison, on devra viser, avec une lunette, un point éloigné par réflexion sur le miroir, et amener la fourchette à une position telle qu une rotation complète de l'axe horaire n'imprime à l'image aucun déplacement. On peut utilement employer, dans ce but, la lunette même du sidérostat, et prendre pour mire un collimateur dont l axe soit ri goureusement parallèle à l'axe polaire. C'est une lunette, munie d une croisée de fils en son foyer, qui repose par deux collets cylindriques égaux sur deux appuis en forme de V fixés aux extrémités d'une règle métallique. Cette règle, de même longueur que l'axe polaire, est montée sur deux pieds terminés par des fourches, qui viennent se poser sur des collets cylindriques égaux qu on a ménagés autour de l axe polaire près de ses extrémités. Un bras métallique qui peut se fixer contre le


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support du coussinet inférieur de l'axe polaire, maintient en place cet appareil, tout en lui laissant sa mobilité. Par un réglage identique à celui de la lunette d un niveau topographique, on amène les collets du collimateur à l égalité. Cela fait, on place l appareil sur l axe polaire le miroir étant dans la position où la rotation de l axe polaire ne lui imprime plus de déplacement sensible à l œil. Alors on fait mouvoir la lunette dans le plan vertical, et l on déplace le socle du sidérostat en azimut, jusqu à ce que l on ait obtenu la coïncidence de la croisée des fils de la lunette avec l image de celle du collimateur. La fourchette occupe la position cherchée, elle est sur le prolongement de l axe polaire, lorsqu une rotation complète de l axe polaire ne détruit pas la super position des deux croisées de fils.

Mais ce réglage nous fournit en même temps deux autres éléments importants. Si l axe du collimateur est bien exactement parallèle à l axe polaire, la coïncidence des croisées de fils nous fait reconnaître:

  • 1° que l axe de la lunette se trouve dans le plan vertical passant par l axe polaire;

  • 2° que l axe de la lunette possède l inclinaison voulue pour rece voir un rayon réfléchi provenant d un rayon parallèle à la fourchette.

Or la condition du parallélisme du collimateur à l axe polaire s élimine par un retournement de l appareil. Après la première opération, on retourne bout pour bout le support sur l axe polaire et le collimateur sur son support, et l on pointe de nouveau les deux croisées de fils l une sur l autre. La moyenne des deux positions de la lunette est celle qu elle doit avoir pour viser le pôle de l instrument. Elle a donc, par rapport à l horizon, l inclinaison déterminée par la construction de l appareil directeur du miroir. En même temps, puisque cette lunette a été placée presque exactement dans le méridien par l opération préliminaire, on voit que le sidérostat lui même s y trouve amené; et tout l appareil est réglé avec assez de précision pour que l on puisse considérer ce réglage comme suffisant pour l usage ordinaire du sidérostat. Nous pourrions nous arrêter ici, s il n était nécessaire d étudier l influence des défauts de construction de l appareil.

L expérience que nous venons de faire pourra nous en révéler un: il pourra arriver que, dans aucune position de la fourchette, une rotation complète de l axe polaire ne laisse le miroir complétement immobile. C est ce qui aura lieu si l axe de la fourchette ne rencontre pas


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l axe polaire, mais se trouve placé excentriquement, de manière à pouvoir lui devenir simplement parallèle sans coïncider avec lui. Alors, pendant le mouvement de l axe, l extrémité de la fourchette décrit un cercle sur lequel tourne la queue directrice. Le miroir ne peut être amené, par aucun déplacement du cercle de déclinaison, à donner l image du pôle au centre du champ de la lunette: le pôle n existe pas comme point. Il est remplacé par un petit cercle sur la projection sté réographique qui guide la queue directrice du miroir, et tous les cercles de distance polaire se trouvent agrandis de la même manière. D'où il suit que l instrument, bien réglé d ailleurs, étant dirigé vers une étoile, l action du mouvement d horlogerie ne conservera pas cette étoile immobile au milieu du champ, mais lui fera parcourir une courbe fermée autour de sa position d immuabilité théoriqu.e L artiste peut seul re médier à ce défaut de construction.

La détermination du zéro du cercle horaire, par le procédé qui a été indiqué, suppose de même remplie une condition importante dans la construction de l instrument, savoir, que le plan vertical passant par l axe polaire contient aussi le centre du miroir. S il n en était pas ainsi dans la projection stéréographique tracée par la queue du miroir sur le plan perpendiculaire au rayon réfléchi, aucun plan méridien n aurait pour trace une droite verticale, et la seule droite oblique correspondrait non plus au plan médian du sidérostat, mais au plan horaire qui passe par le point de vue. Dès lors, il n existe plus de position du plan ho raire telle que la tige directrice puisse le parcourir sans qu il en résulte de déplacement horizontal du support du miroir. Le caractère mécanique auquel nous avons reconnu le plan méridien du sidérostat est donc d une grande importance: non seulement il nous donne le zéro du cercle horaire, mais, par son absence, il nous manifeste un défaut de construction de l appareil qui rendrait impossible le réglage dans les conditions où nous voulons le faire. En effet, un sidérostat présentant cette déviation du centre du miroir, réfléchit le rayon non pas dans le plan méridien, mais dans le plan vertical qui passe par le centre du miroir et le centre d articulation de la fourchette avec l axe polaire. Si donc, après avoir reconnu le défaut on ne veut pas le faire corriger (ce qui serait possible par un déplacement latéral du support de l axe horaire), il faut placer la lunette d observation, non plus dans le plan


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méridien, mais dans le plan qui vient d être défini. A cet effet, on ré glerait d abord le sidérostat lui même dans le méridien, par l emploi du théodolite et du collimateur parallèle à l axe polaire: puis on réglerait la lunette sur le sidérostat, en lui donnant la position où elle vise la croisée des fils du collimateur par réflexion sur le miroir amené dans la position où une rotation complète de l axe polaire ne lui imprime aucun déplacement. Ce procédé s applique à un appareil réfléchissant dans un plan vertical quelconque, en dehors du méridien. Dans tout cel qui va suivre nous supposerons le sidérostat réfléchissant les rayons dans le plan méridien.

Tout l appareil, lunette et sidérostat, ayant été placé très approximativement dans le plan du méridien, pourra être considéré comme un instrument méridien, propre à donner les ascensions droites et les distances polaires une fois le cercle horaire fixé au zéro déterminé comme il vient d être dit, et le support du miroir immobilisé au moyen de la pince. Des observations de passages et des déterminations de distances polaires d étoiles connues vont nous permettre de rectifier le premier réglage de l instrument.

On observe, sur une pendule dont la correction absolue et la marche horaire sont déterminées d ailleurs, les temps des passages d une série d étoiles connues à un fil vertical tendu dans la lunette. Soient t, t'... les différences entre l ascension droite de chacune de ces étoiles et le temps du passage corrigé de l erreur de la pendule. Par l axe de la lunette, menons un plan perpendiculaire au méridien: c est ce plan qui va, pour nous, jouer le rôle d horizon. La latitude du lieu étant PHI, celle que nous introduirons dans nos formules serai PHI - i, i etant l'inclinaison de la lunette au dessous de l horizon.

Nous avons à déterminer les quantités qui, dans notre instrument, jouent le même rôle que l azimut, l inclinaison et l erreur de collimation d une lunette méridienne. Remarquons d abord que, pendant que le rayon incident et la fourchette parcourent la portion visible du méridien, de l horizon sud à l horizon nord, la queue directrice du miroir ne parcourt qu un angle droit, depuis l horizontale jusqu à la verticale.

Si l axe de la lunette fait avec le méridien, du côté de l ouest, un angle GAMMA dans le plan de l horizon hypothétique, le rayon incident qui


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viendra se réfléchir suivant cet axe fera constamment avec le méridien le même angle GAMMA du côté de l est. Cette déviation de la lunette joue le même rôle que l erreur de collimation dans l instrument des passages; en d autres termes, le rayon incident est celui que recevrait une lunette méridienne dont l erreur de collimation serait GAMMA.

Si l axe des tourillons du miroir n est pas perpendiculaire au méridien, mais que sa partie ouest dévie vers le sud de l angle ALFA, la normale au miroir pendant sa rotation décrira un plan vertical incliné du même angle ALFA sur le méridien. Le rayon incident correspondant à un rayon constamment réfléchi suivant l horizontale dans le méridien décrira donc un cône, dont l axe sera la ligne même des tourillons, et dont le demi angle au sommet sera 90° - ALFA. Ce rayon est celui que recevrait une lunette méridienne affectée à la fois d une erreur de collimation ALFA et d une erreur azimutale ALFA.

La surface réfléchissante du miroir peut n être pas parallèle à l axe des tourillons; soit BETA l angle qu elle fait vers le sud avec la partie ouest de cet axe. La normale décrira, autour de cet axe, pendant la rotation, un cône dont le demi angle au sommet sera 90° - BETA; et de la position verticale à la position horizontale du miroir, le rayon incident qui donne un rayon horizontal réfléchi dans le méridien, décrit un cône de même angle autour d un axe incliné de l angle BETA sur l axe des tourillons. Ce rayon est donc celui que recevrait une lunette méridienne affectée d une erreur de collimation BETA et en même temps d une erreur azimutale BETA.

Enfin si l axe des tourillons est incliné de l angle EPISLON sur l horizontale, l extrémité ouest étant la plus élevée, la normale au miroir décrit, pendant la rotation, un plan qui coupe le plan méridien suivant une hori zontale et est incliné vers l est d un angle EPISLON. Le rayon incident correspondant au rayon réfléchi horizontalement du nord au sud dans le méridien décrit donc, de l horizon sud à l horizon nord, le même plan pendant que la normale passe de la position horizontale à la verticale. Le rayon incident est donc celui que recevrait une lunette méridienne dont l axe des tourillons aurait une inclinaison EPISLON.

En résumé, le rayon incident qui donne le rayon réfléchi du nord au sud, suivant l axe de la lunette, est celui que recevrait une lunette méridienne dont l erreur azimutale serait ALFA + BETA, l erreur de collimation


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ALFA + BETA + GAMMA, et l inclinaison e tous ces angles étant comptés positivement comme je l ai défini, c est à dire de manière à amener dans la lunette une étoile qui n a pas encore atteint le méridien. Dès lors, la formule de réduction de l instrument des passages s applique au sidérostat, et l on a, en employant celle de Tobie Mayer,

FORMULA

Nous ne pouvons d ailleurs observer que des passages supérieurs.

La détermination des constantes n offre aucune difficulté. On obtiendra EPSILON par un nivellement exécuté dans les conditions ordinaires, l inégalité des tourillons ayant été mesurée préalablement en dégageant la tige directrice de la fourchette et retournant le miroir.

Si l on détermine le passage d une étoile au zénith hypothétique de notre appareil, on obtiendra puisque di DELTA = PHI - i,

FORMULA

Unc etoile à l'horizon sud, pour l'aquelle DELTA = - 90° + (PHI-i) , donnerait

FORMULA

L observation des passages de deux groupes d étoiles, les unes voi sines du zenith, les autres voisines de l horizon, permettra donc d obtenir des valeurs suffisamment exactes de ALFA + BETA et de GAMMA. Il est d ailleurs impossible de séparer ici les deux constantes ALFA et BETA, qui en effet jouent le même rôle par rapport à l instrument. Mais on pourra déterminer à l avance l angle BETA par des observations faites sur le miroir dégagé de sa liaison avec la fourchette. Si en effet on amène le miroir successivement dans les deux positions verticales de part et d autre de l axe, ces deux positions de la surface réfléchissante comprendront l angle 2 * BETA, qu il s agira de mesurer. Or cette mesure s effectuera à l aide d un théodolite, par les mêmes procédés à l aide desquels on mesure l angle réfringent d un prisme. On pourrait croire qu il est tou jours possible au constructeur d annuler l angle BETA: car la surface du miroir coïncide rigoureusement avec le plan qui passe par les bords du


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barillet, et l on pourrait roder ceux ci jusqu à ce qu un niveau, posé sur les tourillons et posé sur les bords du barillet, donnât la même inclinaison. Mais il faut remarquer qu un rodage a été effectué pour assurer la perpendicularité bien autrement importante de la trice à la surface du miroir; l erreur de position de la surface. par rapport aux tourillons, est donc de celles qu il faut subir sans pouvoir la corriger: il nous suffit qu elle ne soit pas trop considérable.

Les déterminations qui précèdent n ont pas en effet pour but de transformer le sidérostat en un instrument des passages, prétention bien opposée à la pensée dans laquelle il a été construit: elles doivent seulement nous donner les valeurs approchées des déviations de la lunette et du miroir, afin de nous permettre de les réduire à des erreurs suffisamment petites pour que, dans l usage ordinaire de l appareil, le calage des cercles d angle horaire et de distances polaires permette de trouver immédiatement l astre cherché, et que les observations micrométriques de deux astres voisins donnent leurs positions relatives avec une approximation égale à celle que l on demande aux observations équatoriales. Une minute d arc en distance polaire, dix à quinze se condes de temps en ascension droite, telles sont les limites autour desquelles doivent osciller les erreurs largement acceptables. L appareil, considéré comme instrument méridien, pourra, par les observations précédentes, être amené à ne présenter pour les ascensions droites que des erreurs beaucoup moindres. Si d ailleurs il était nécessaire d obtenir plus rigoureusement les coordonnées d un astre, on déterminerait les corrections absolues de l instrument dans la position qu il occupe par l observation d une belle étoile suffisamment rapprochée de l astre, ainsi que cela se pratique avec l équatorial.

Ce premier réglage effectué, le plan médian du sidérostat coïncide à fort peu près avec le méridien; la lunette est elle même dans ce plan ,et la normale au miroir ne s en écarte que fort peu pendant la rotation de celui ci autour de ces tourillons. Il reste à régler l inclinaison de l axe polaire, et enfin à vérifier si la condition fondamentale de la construction du sidérostat, savoir l égalité des longueurs OM et OF, est exactement remplie. Nous allons procéder à ces déterminations par des observations faites encore dans le plan du méridien.

Soit O (fig. 5) le centre du cercle des distances polaires HH la


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trace de l horizon sur le plan du méridien, OP l axe du monde OH l axe polaire de l instrument, OL la direction de la lunette, déjà exactement réglée. Soit OF la fourchette, supposée trop courte de FF'= ALFA; la queue du miroir prend la direction F'L, qui répondrait à la position OF d une

fourchette de longueur normale. Le rayon incident qui se réfléchit sui vant OL est donc S'O, prolongement de OF; tandis que la lecture faite sur le cercle de déclinaison correspond à la direction OS, prolongement de OF'.

Dans ces conditions, appelons P la distance polaire, affectée de la réfraction, de l étoile vue dans la lunette, ? la lecture correspondante sur le cercle des distances polaires, c est à dire l angle SO?, le zéro de ce cercle ayant été réglé comme nous l avons dit. Appelons

  • LAMBDA l'angle PO?
  • i l angle HOL
  • OMEGA l angle SOS'
  • PHI la latitude du lieu ou l angle POH'

tous ces angles étant comptés dans le sens des distances polaires; nous aurons

P = ? + LAMBDA + OMEGA


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L angle OMEGA a pour expression suffisamment approchée

FORMULA

tant que l angle FOL ne devient pas très petit.

Si donc on observe dans le méridien une série d étoiles connues la correction à apporter aux lectures faites sur le cercle des distances polaires, pour obtenir leur distance au pôle, se composera d une partie constante et d une partie variable avec ?.

Le caractère auquel on reconnaîtra l égalité de longueur de la four chette et de la distance OL sera donc la possibilité de ramener les distances polaires, lues sur l instrument à leur valeur vraie par l emploi d une correction constante, qui constituera la correction de collimation du cercle des distances au pôle. S il n en est pas ainsi, si au contraire la correction nécessitée par les observations va en croissant depuis l horizon sud jusqu au pôle, limite des observations possibles, on en conclura que la fourchette est plus courte que la distance des axes OL; elle sera plus longue si la correction prise avec son signe va en décroissant, et même change de signe.

Il faut alors avoir le moyen de ramener à l égalité les deux lon gueurs OF et OL. Le miroir et l axe polaire étant fixés sur le même socle en fonte c est la longueur de la fourchette qui doit être la quan tité variable. A cet effet, la queue cylindrique qui tourne dans les col lets portés par le cercle des distances polaires est maintenue par deux anneaux qui pressent en sens contraire contre ces collets et que l on peut déplacer d uue petite quantité en les faisant tourner sur un pas de vis. Un contre écrou les maihtient ensuite en place Par des tâtonnements réguliers on amènera ainsi la fourchette à la longueur voulue. On facilitera ces tâtonnements par des observations faites au voisi nage de l horizon sud; alors en effet la correction OMEGA se réduit sensi blement à zéro et la différence P-? fait connaître une valeur approchée de LAMBDA. On peut ensuite des autres observations faites aussi près que possible du pôle déduire des valeurs de la correction OMEGA, qui permettront de calculer le rapport a/L avec une approximation suffisante pour guider les retouches à faire subir à la fourchette.


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Une fois l égalité obtenue, il est nécessaire qu elle se conserve malgré les variations de température: la fourchette doit donc être construite du même métal que le socle lui même. L impossibilité d équili brer la fourchette dans les conditions de construction que nous imposait le modèle exécuté sous les yeux de L Foucault nous a conduits à faire la fourchette en aluminium. Il est utile de calculer quelle erreur peut en résulter pour une variation de température donnée sur la distance polaire d une étoile. La lunette étant supposée horizontale l erreur OMEGA sera très approximativement, pour chaque degré de variation de température à partir du point où l égalité a lieu

FORMULA

Ici la différence k'-k des coefficients de dilatation est o 0.0000111. Par conséquent nous aurons

Au pole..... OMEGA = 5° Au zenith.... OMEGA = 2°.3

Ainsi à l extrême limite des observations possibles il faudrait une variation de 12 degrés pour produire une erreur de 1 minute sur la position de l étoile. Au zénith, la variation de température devrait être environ 26 degrés. A partir de ce point, l erreur diminue très rapide ment jusqu à l horizon, où elle est nulle. En réalité, l introduction de la fourchette en aluminium ne produira pas, dans l emploi de l appareil, d erreurs supérieures à celles qu on doit attendre de l imperfection du réglage. La loi des variations de la distance polaire étant d ailleurs connue, il sera facile, si l on en sent la nécessité, de construire une table de correction pour les diverses températures.

Nous avons remarqué que si l on mène par le centre de rotation de la fourchette un plan TT' perpendiculaire à la direction du rayon réfléchi, la tige directrice du miroir, dans son mouvement, trace sur ce plan la projection stéréographique du lieu parcouru sur la sphère par l extrémité de la fourchette, le point de vue étant au centre du miroir. Lorsque la fourchette n est pas égale à la distance de son centre de rotation au centre du miroir, cette propriété subsiste encore, avec cette différence que le point de vue est situé en dedans ou en dehors de la sphère décrite par l extrémité de la fourchette, suivant


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que celle ci est trop longue ou trop courte. De là la générale de l erreur résultant de cette inégalité Soit l-a la de la fourchette: on trace sur le plan pris comme tableau la projection perspective de l extrémité de la fourchette, en prenant le point de vue la distance 1. Les coordonnées du point du ciel qui se trouve sur le pro longement de la fourchette sont les lectures faites sur les deux cercles, savoir ? et h (l instrument étant supposé bien réglé d ailleurs). Il s agit de trouver les coordonnées P et H du point du ciel qui se actuellement dans la lunette. Or ces coordonnées sont évidemment symétriques par rapport au centre de rotation de la fourchette de de l extrémité d une fourchette idéale de longueur l, qui donnerait la tige directrice du miroir sa position actuelle. La projection stéréographique de cette extrémité sur le tableau est donc la même que la projection perspective qu on vient de déterminer. Le problème est, par suite, ramené à celui ci dont tous les éléments sont connus. Étant données les coordonnées 180° +? et 180° + h d un point situé sur sphère de rayon l-alfa, trouver des coordonnées 180°+P et 180°+H du point dont la projection stéréographique coïncide avec la projection perspective du premier sur le même plan et pour le même point de vue situé à une distance l du centre de projection.

Mais il n est pas nécessaire de résoudre ce problème dans toute sa généralité pour reconnaitre la loi des erreurs commises sur la position d une étoile. Remarquons que la construction que nous avons faite (fig 5) pour le plan du méridien est toujours valable pour un plan quelconque passant par la direction constante OL du rayon réfléchi et par la fourchette OF'. Dans ce plan, quel que soit son angle avec le plan vertical, l étoile vue est toujours S', tandis qu on lit les coordonnées de l étoile S: les deux étoiles sont donc toujours dans un même plan passant par OL; et dans ce plan la variation de leur distance angu laire SOS' est représentée par l expression

FORMULA

d une manière suffisamment approchée tant que l angle FOL ne devient pas très petit.

L erreur va donc en croissant quand l ouverture de l angle de la fourchette et du rayon réfléchi va en diminuant.


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Or, dans la projection perspective que trace la tige directrice sur le plan TT' perpendiculaire au rayon réfléchi, la droite Of est la projection de la fourchette, et cette projection a aussi pour valeur OL * cot 1/2 FOL: elle est donc proportionnelle à l erreur commise. Si la fourchette ou son prolongement parcourt un grand cercle passant par la direction du rayon réfléchi, l erreur va en croissant de zéro à l infini. Si l on force la fourchette à tourner en faisant un angle constant avec OL, l erreur reste constante: des circonférences tracées sur le plan du tableau au tour du point O comme centre représentent donc les courbes d égale erreur. Le rayon d une circonférence ou la projection perspective de la fourchette représente l erreur dont sont affectées, dans le plan passant par OL les positions des étoiles dont les projections stéréographiques sont situées sur cette circonférence.

Lorsque l angle de la fourchette avec la direction OL devient trèspetit, l expression de l erreur devient inexacte. Mais la construction précédente est toujours valable et fait voir ce qui se passe.

Soit une fourchette trop longue le rayon incident se rapprochant de l horizon nord hypothétique, ou la fourchette de la direction opposée OL, il arrive un moment où le rayon visuel est parallèle au plan du tableau: les étoiles qui se trouvent sur le petit cercle, base du cône que décrirait cette position du rayon incident en tournant autour de OL, sont les dernières qui puissent se voir dans la lunette. La fourchette continuant à se rapprocher de OL, sa projection devient imaginaire: le prolongement seul du rayon visuel rencontre le tableau. Tout l intérieur du cône échappe à l action réfléchissante du miroir. En effet, celui ci s incline de manière à tourner vers la lunette la face non rétléchissante, et bascule très rapidement pour arriver à la position verti cale qu il atteint quand la fourchette coïncide avec OL.

La fourchette trop courte produit sur le miroir un effet inverse. Il ya encore autour du point de l horizon nord, situé sur prolongement de la lunette, un petit cercle dont les étoiles sont dernières que puisse faire voir le miroir; tout ce qui est échappe à son action; mais à partir de la position où le rayon visuel tangent à la sphère l-alfa, le miroir revient sur les positions qu il a deja occupées, les parcourt toutes avec une rapidité extrême et, quand la fourchette coïncide avec OL, renvoie à la lunette les rayons venant suivant LO.


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Il n est pas inutile de remarquer que ces positions singulières du miroir sont purement théoriques et que les petits cercles d invisibilité appartiennent à une région du ciel qu il est impossible d atteindre.

Reprenons le sidérostat fixé dans le méridien et supposons qu on ait rectifié la longueur de la fourchette comme nous venons de le dire, ou, ce qui revient au même, qu on ait déterminé, par des observations faites au voisinage du pôle et près de l horizon, les éléments de la correction.

Une série d observations de distances polaires faites sur des étoiles connues, dans le méridien, déterminera alors l erreur de collimation du cercle des distances polaires, c est à dire l erreur LAMBDA de l inclinaison de l axe. On agira sur la vis du socle de manière à corriger cette erreur: car nous avons vu qu il importe peu de conserver la verticalité du support du miroir. Mais ce changement d inclinaison entraîne un changement égal dans l inclinaison de la lunette: il faut donc de nou veau rectifier celle ci. Après quoi le sidérostat doit se trouver complé tement réglé et prêt pour l observation.


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image (fonte) (menzione su Nature) (descrizione completa by C. Wolf)